26 Gennaio 2018, 13:08
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CATANIA – Quando a Davide Seminara hanno mostrato una cartina di San Giovanni Galermo il pentito ha tracciato una mappa delle piazze di spaccio gestite dal gruppo dei Nizza, uno dei bracci militari della famiglia Santapaola-Ercolano. Almeno fino allo scorso anno, quando a gennaio Andrea Nizza è stato catturato dopo due anni di latitanza e il suo impero criminale si è sgretolato. Anche se aveva iniziato a scricchiolare quando si è dovuto nascondere per evitare le manette dopo la condanna nel processo Fiori Bianchi per mafia. E inoltre doveva mostrare i muscoli per dimostrare la sua forza criminale nonostante avesse in famiglia un fratello pentito, precisamente Fabrizio. Una debolezza di cui ha cercato di approfittare Rosario Lombardo, ai domiciliari per motivi di salute, che in quel periodo (secondo quanto riferito dal pentito Cristaudo) faceva il doppio gioco con Andrea Nizza. Il boss di viale Biagio Pecorino, infatti, stava cercando di scalzare il latitante favorendo Marcello Magrì, che nel frattempo era diventato il reggente del clan dopo l’arresto di Francesco Santapaola, arrestato nel 2016 nel blitz Kronos.
Questa la fotografia che emerge dalla lunga requisitoria del pm Rocco Liguori nel processo Carthago 2, stralcio abbreviato, che ha affrontato il nodo della gestione della droga in un periodo così turbolento all’interno della cupola dei Santapaola. Nel processo sono entrati in maniera preponderante le rivelazioni del collaboratore Davide Seminara ma anche quelle di Angelo Bombace, ex soldato dei Nizza, capaci di dipingere una quadro chiaro della composizione degli affari legati allo spaccio a San Giovanni Galermo. Attraverso i verbali dei pentiti e le intercettazioni raccolte nel corso della complessa indagine dei carabinieri ha cristallizzato il modo di gestire le piazze di spaccio da parte del gruppo nel quartiere dormitorio. L’inchiesta ha permesso inoltre di ricostruire la filiera della droga: dalla fornitura alla vendita al dettaglio. Definiti inoltre i turni, i prezzi, i costi e gli stipendi.
Sono soprattutto due le piazze di spaccio su cui si focalizza la discussione del pm che ha sviscerato il “granitico” apparato probatorio raccolto. I carabinieri hanno analizzato e studiato i nastri delle microspie e inoltre decodificato centinaia di sms inviati tra i cellulari citofono del circuito creato ad hoc per comunicare. Sperando di non essere intercettati. Speranza vana. Le due piazze di spaccio sono quella di via Egadi, parallela (ben chiusa e coperta) del viale Tirreno e quella all’angolo con via Capo Passero. Una strada che si presta anche per la sua conformazione urbanistica a diventare un mercato all’aria aperta di droga che si può controllare da possibili incursioni.
Si delineano diverse figure “specializzate” nella droga. Come Biagio Sapuppo (il pm ha chiesto una condanna a 14 anni e 36 mila euro di multa per spaccio), che – dicono i pentiti – ha prestato la sua opera nelle attività di spaccio di via Egadi (sotto casa sua, ndr). In realtà la piazza di spaccio sarebbe gestita dal padre Pinuccio Sapuppo, che in passato lavorava per conto dei Mirabile e poi del gruppo dei Nizza di Librino. Altro personaggio coinvolto nello spaccio è Domenico Contarini, zio del collaboratore Davide Seminara (per cui è stata chiesta una condanna a 5 anni e 8 mila euro di multa). Contarini lavorerebbe nell’angolo di via Capo Passero, dove – spiegano i collaboratori di giustizia – fino alle 18 si spacciava marijuana e dopo cocaina. Altri due soldati dello spaccio sono Pietro Arezzi e Salvatore Spampinato che avevano compiti di vertice relativi alla gestione dello smercio di droga (non a caso, infatti, il pm ha chiesto per i due la condanna a 14 anni di carcere). Altro nome di peso è Giuseppe Bellia (il pm ha chiesto 12 anni di reclusione). Per quanto riguarda l’approvvigionamento di droga emerge in modo chiaro il ruolo di Massimo Amantea, fratello dell’uomo d’onore paternese Franco Amantea (per lui è stata chiesta una condanna a 14 anni e 36 mila euro di multa). L’esponente del clan Assinnata di Paternò avrebbe rifornito più volte di droga i Nizza grazie ai suoi contatti con i calabresi. Amantea inoltre avrebbe procurato ai narcotrafficanti di Librino diverse armi, anche potenti. Alcune di queste sono state sequestrate nel corso della maxi operazione dei carabinieri del settembre del 2014, che grazie alle indicazioni di Davide Seminara scovarono e localizzarono il covo dove Andrea Nizza nascondeva un maxi arsenale da guerra. La riserva di fuoco del gruppo.
Un capitolo a parte merita Carlo Burrello, genero di Marcello Magrì. Un grado di parentela che gli ha permesso di diventare un punto di riferimento nella cupola santapaoliana. Una sorta di cerniera per gli affari del gruppo criminale a Librino, che in un certo qual modo forse doveva prendere il posto di Andrea Nizza. Burrello è stato già condannato in primo grado a 14 anni per la gestione della piazza di spaccio di viale Grimaldi a Librino ed è tra gli indagati del recentissimo blitz Km 0 che ha azzerato gli affari della piazza di spaccio di viale Biagio Pecorino, sotto casa del boss Rosario Lombardo che sta scontando ormai i domiciliari a Roma. In diversi passi della requisitoria sono state affrontate le fibrillazioni nate in questo momento di transizione di potere. Con Andrea Nizza che pretendeva gli incassi delle sue piazze di spaccio e Rosario Lombardo che invece rivendicava i guadagni dello smercio di droga a San Giovanni Galermo. E in questo momento di conflitto sarebbero spariti anche 120 mila euro di cui si sarebbe “indebitamente impossessato” un fedelissimo di Nizza, ormai da un anno al 41 bis.
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26 Gennaio 2018, 13:08