03 Novembre 2010, 10:47
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(rp) Nessuna pietà richiama solo un concetto morale. Nessuna violenza, nessuna vendetta, nessun accanimento fisico, ci mancherebbe questo ulteriore passo verso la degradazione abissale. La giustizia faccia il suo corso. Ma la condanna sociale deve restare immutata. Deve resistere. Lo spettacolo della violenza unita alla vigliaccheria non può essere lasciato moralmente indenne. Il giovanotto che si è vantato della bravata del gatto ferito e i suoi compari hanno bisogno di sentire il peso dell’orrore che hanno suscitato all’unanimità. Solo così (forse) potranno ri-umanizzarsi. Solo così potranno diventare persone migliori di quelle che sono. Solo così potranno salvarsi da una condizione terminale di apatia e di indifferenza, in cui la violenza è un brivido e la sofferenza delle creature sensibili un divertimento.
Qualcuno è rimasto sopreso dalle reazioni: tanto clamore per un gatto? Sì, perché la scena della sopraffazione gratuita e crudele ai danni di ciò che è debole e indifeso rappresenta un pugno nello stomaco di ogni persona civile. Il gatto è un simbolo. Il rigetto è stato salutare. Nessuno tocchi il Caino dei felini, nessuno si permetta di rispondere alla violenza con la violenza nemmeno verbale, dunque. Nessuno. Ma i protagonisti di questa storia riflettano, se ne sono capaci. Magari, se oggi imparano a pentirsi e ad amare un gatto, domani riusciranno ad amare davvero un essere umano. Non si tratta di essere animalisti o no. Si tratta di scegliere se essere uomini o belve de-umanizzate.
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03 Novembre 2010, 10:47