08 Maggio 2020, 12:21
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PALERMO – “Le scarcerazioni sono state fatte in base a leggi esistenti, altrimenti sarebbe concorso in evasione”, dice Giuseppe Di Lello, uno dei quattro giudici istruttori dell’originario pool antimafia di Palermo con Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta. E poi un lungo impegno politico per Rifondazione Comunista.
Dunque nessuno scandalo, nessun allarme?
“Secondo me c’è un allarme giustificato dallo scandalismo. Quanti sono i boss detenuti 41 bis che sono stati scarcerati? Dalle cronache risultato tre. Non c’è alcuna scarcerazione di massa”.
I detenuti che hanno lasciato il carcere nell’ultimo mese e mezzo per ragioni di salute e per il rischio Cornonavirus sono stati in totale 376, molti in regime di alta sorveglianza
“C’è stato un alleggerimento della situazione carceraria che ci sarebbe dovuto essere comunque e che è stato accelerato dall’emergenza sanitaria”.
Sono piovute critiche sui magistrati di sorveglianza che hanno detto sì al differimento della pena mandando i detenuti ai domiciliari o in strutture per curarsi. Mi pare di capire che le consideri inopportune
“Sono giudici e sono liberi. Devono essere messi nelle condizioni di giudicare senza pressioni. Servirebbe altro per risolvere i problemi”.
Cosa?
“È inutile che parliamo di riforma della giustizia, anzi è proprio inutile sperarlo. Ogni volta che si parla di depenalizzare i reati questi al contrario crescono. E non serve neanche costruire nuove carceri. Una legge non scritta dice che più ce ne sono e più si riempiono”.
Non resta che rassegnarsi?
“No, serve una riforma carceraria che guardi davvero all’efficienza. Penso alla costruzione di centri clinici ospedalieri dove curare i detenuti partendo dal presupposto che ognuno ha il diritto di essere curato e di morire a casa propria”.
Ma l’Italia è anche il paese dove Bernardo Provenzano e Totò Riina sono rimasti detenuti fino all’ultimo respiro
“Forse è difficile scrollarsi di dosso questi precedenti. Alcuni mafiosi sono decrepiti e incapaci di riorganizzare e addirittura di muoversi. Lasciare in carcere persone in queste condizioni non dico che sarebbe un delitto, ma di sicuro è inumano. Si torna alla barbarie”.
Come spesso accade quando infuria la polemica su certi temi spunta qualcuno che dice “Falcone e Borsellino non l’avrebbero fatto”. Sanno esattamente come si sarebbero comportati.
“Non bisogna fare parlare i morti. Nelle circostanze attuali non so cosa avrebbero detto”.
Posso chiederle cosa ne pensa dello scontro fra il ministro Alfonso Bonafede e il magistrato Antonino Di Matteo?
“Se è vero quello che dice Di Matteo Bonafede dovrebbe dimettersi. Se non è vero dovrebbe dimettersi Di Matteo perché la sua accusa è gravissima e circostanziata. Un ministro che si piega al diktat dei mafiosi sembra una riedizione scorretta della Trattativa. Stavolta sono i giustizialisti dei 5 Stelle che si sarebbero piegati. Non so chi ha ragione fra i due e non prendo posizione. Per me la parola dell’uno vale quanto quella dell’altro”.
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08 Maggio 2020, 12:21