Nicola Mancuso |Il “gestore della cocaina”

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02 Maggio 2014, 06:00

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ADRANO – La libertà per Nicola Mancuso è durata solo qualche mese. Ha avuto il tempo di trascorrere Natale e Pasqua con la sua famiglia, con la moglie che non ha mai smesso di difenderlo: arrivando a “organizzare” una manifestazione di protesta davanti al Palazzo di Giustizia di Catania per affermare l’innocenza di suo marito dal delitto di Valentina Salamone. I tempi bui per il 30enne adranita sembravano “sopiti”, ma dopo la condanna per droga da parte del Gip Sarpietro, la scure di una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere si è abbattuta sul suo destino. Mancuso, che nell’ordinanza firmata dal Gip Rosalba Recupido viene chiamato “U Sbalzu”, è il protagonista di una miriade di intercettazioni video, ambientali e telefoniche, scattate nell’ambito dell’inchiesta Binario morto, che fanno emergere il suo presunto ruolo di vertice del gruppo che fa riferimento al Clan Santangelo. “Si tratta del soggetto deputato principalmente alla gestione del settore “cocaina” – è scritto nell’ordinanza – ed all’approvvigionamento dei preposti allo spaccio, dotato del potere di procedere al ritiro dei proventi”. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma il ricorso al Tribunale del Riesame è la strada che probabilmente il suo difensore, Salvo Burzillà, avvierà. Azione legale comune alla maggior parte dei 27 arrestati che sono accusati di associazione a delinquere di traffico di cocaina ed eroina.

IL GESTORE DELLA COCAINA – “II fatto che Mancuso fosse il “gestore” dell’offerta della cocaina – scrive il Gip – emerge chiaramente da un colloquio con un cliente e tossicodipendente che si lamentava con Angelo Arena (un altro degli indagati ndr) perché questi si era lasciato finire la cocaina”. I toni non lascerebbero trapelare dubbi “ma questo però… come […] ragiona…”. E’ un momento in cui Arena (uno degli spacciatori) deve gestire una fila di “clienti” in attesa del rifornimento “delle palle” (la cocaina divisa in dosi di 5 grammi) e della “roba” (l’eroina)”. Anche se è chiaro: “tutti la cocaina aspettano vero?”. Alle sollecitazioni il pusher risponde “dieci minuti… sta venendo”.

DOPO TERRA BRUCIATA – Mancuso finisce nel mirino degli agenti del Commissariato di Adrano che lavorano agli effetti del blitz Terra Bruciata. Il traffico di stupefacenti non si sarebbe mai fermato secondo la polizia e l’adranita secondo le relazioni investigative nel corso di alcuni controlli “anche ripetutamente” era “in compagnia di soggetti inseriti nel traffico di stupefacenti od appartenenti alla malavita organizzata”. Da qui scattano le intercettazioni che inchioderebbero Mancuso e il suo gruppo. Un sodalizio criminale che avrebbe “come business” il traffico di cocaina ed eroina. Le telecamere piazzate dalla Dda di Catania permettono di individuare le presunte piazze di spaccio, gli indagati avrebbero “occupato degli spazi ben precisi” in città: Piazza Libertà, nell’area antistante la stazione della Circumetnea e nel vicino slargo, e le vie limitrofe. Come ogni associazione a delinquere “di rispetto” sarebbe stata creata una gerarchia piramidale, con ripartizione precisa dei compiti. Gli introiti finirebbero in una cassa comune che avrebbe avuto la funzione – emerge dall’inchiesta – di fonte “previdenziali” per i detenuti appartenenti o vicini alla “famiglia” Santangelo. I vertici nel loro lavoro sarebbero stati “coadiuvati” da un servizio di “vedette”. Ai piedi della piramide la rete di pusher, alcuni direttamente gestiti dal gruppo o altri indipendenti che “però” si rifornivano esclusivamente da loro.

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“VATTENE A RUBARE E PORTAMI I SOLDI”. Su questa “scia” dell’esclusività, le cimici captano conversazioni che fotografano la forza impositiva di Mancuso: ruolo riconosciuto anche dai suoi sodali che discutendo di una presunta ipotesi di “tradimento” proprio nell’acquisto dello stupefacente da parte di due pusher che si sarebbero riforniti “fuori” o dal gruppo rivale dei Rosano. Il messaggio è chiaro: “Rifornirsi di cocaina solo dal Mancuso” oppure “andarsene a lavorare”. Uno degli spacciatori si giustifica dicendo che non voleva aggravare la sua posizione debitoria, Mancuso gli ricorda di non avergli mai negato rifornimento “perché ci sono momenti brutti e momenti belli”. Nella discussione si parla anche di un ammanco di stupefacente: la droga nascosta sotto i binari era finita nelle mani della polizia. Quella perdita scatena le ire dei trafficanti: un uomo, sotto l’occhio vigile delle telecamere, alla stazione Fce è vittima di un’aggressione. Uno dei pusher “traditori” allora si discolpa da ogni accusa: mai comprato “roba da fuori” e, secondo lui, non meritava l’epiteto di “zampatore” e soprattutto, si difende, “non era certo il responsabile” dell’ammanco. Un passaggio delle intercettazioni, lascia presagire, che dietro il traffico di stupefacenti si nascondano conseguenze criminali su tutto il territorio. I debiti come si pagano? Per Mancuso non ci sono dubbi: “Io allora che ti ho detto ..[…] vattene a rubare e portami i soldi”. L’interlocutore risponde: “Ma tu pensi che io me ne vado a rubare per darti i soldi a te!!” Non cede. Chissà, però, quante volte dietro una rapina consumata ad Adrano forse ci sarà stata l’esigenza di pagare i rifornimenti di droga.

“ALLO ZENIT” – Il traffico di stupefacenti ad Adrano, dunque, sembrava avere nel 2012 (questo il riferimento temporale delle indagini) due gruppi di riferimento. Quello dei Santangelo dove operava Nicola Mancuso e quello dei Rosano, che per “accordo” gestivano, in concorrenza ma in pace, lo spaccio di cocaina. Una “pax” nata dalla promessa che i Santangelo sarebbero stati i monopolisti per il traffico di eroina. “La nera”, come la identificavano durante le conversazioni intercettate, per distinguerla dalla “bianca”. E c’era molto attenzione alla qualità della “merce”. Colorazione e provenienza erano protagonisti dei dialoghi “analizzati” dalla polizia giudiziaria e finiti nell’informativa sul tavolo dei pm della Procura di Catania, guidata da Giovanni Salvi. I Santangelo trattavano “roba buona”. Per bocca di uno degli indagati, Arena, si viene a sapere che era in arrivo dello stupefacente che era allo “zenit” e che la gente sarebbe venuta anche dal “Giappone per comprarla”. Un elemento investigativo di grande rilievo per riuscire a tracciare i canali di approvvigionamento di cocaina ed eroina.

 

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02 Maggio 2014, 06:00

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