16 Febbraio 2010, 10:55
3 min di lettura
(di Giovanni Franco – Ansa) Si costituì parte civile contro i boss che le uccisero nel 1995 a Corleone due figli e il genero. Ma ora Caterina Somellini, 68 anni, è amareggiata. A distanza di 15 anni il ministero dell’Interno ha rigettato la sua richiesta, per ottenere i benefici previsti per i familiari delle vittime della criminalità di tipo mafioso, presentata anche nella qualità di tutrice dei suoi due nipoti, rimasti orfani. “Non me lo aspettavo, non credevo che respingessero la mia pratica”, dice. Ma il Viminale ha ritenuto che non sarebbe stata raggiunta la “prova obiettiva della sussistenza dei requisiti oggettivi per l’ottenimento dei benefici e cioé della totale estraneità della vittima e del beneficiario ad ambienti e rapporti delinquenziali”. Il figlio della Somellini, Giuseppe Giammona fu assassinato il 25 gennaio nel proprio negozio di abbigliamento, la sorella Giovanna il 28 febbraio mentre era in auto assieme al marito, Francesco Saporito. La donna protesse col proprio corpo il figlio che teneva in braccio, sul sedile anteriore. Il bambino, che allora aveva un anno e mezzo, rimase miracolosamente illeso, così come il fratellino, di quattro anni, che dormiva sul sedile posteriore. Il processo agli esecutori e ai mandanti dell’uccisione è stato celebrato tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2000, davanti alla Corte di Assise di Palermo.
Imputati erano Leoluca Bagarella, Leonardo e Vito Vitale, Giovanni Brusca considerati gli autori materiali degli omicidi e Giovanni Riina, allora incensurato, figlio del capomafia Salvatore Riina. Per i boss il sospetto era che i Giammona fossero coinvolti in un fantomatico progetto, ispirato dalle cosche perdenti, per rapire il figlio del capomafia. La Corte di Assise ha condannato tutti gli imputati e sancito che ”non emerge alcun minimo elemento che conforti l’ipotesi di legami o contatti di qualsiasi genere stabiliti tra Giuseppe Giammona e persone o comunque a gruppi o ambienti della criminalità organizzata”. Ma afferma il capo della polizia, Antonio Manganelli: “la legge impone che ci sia la prova certa che il beneficiario o la vittima richiedenti siano totalmente estranei a contesti criminali. La commissione ministeriale ha preso questa decisione perché la totale estraneità dei due Giammona alla criminalità non è stata provata”. I legali della Somellini, gli avvocati Mario Milone e Carmelo Franco, hanno anticipato che proporranno ricorso alla decisione del Ministero. “E se il caso ci rivolgeremo anche al Presidente della Repubblica perché riteniamo ingiusto questo rifiuto”. Caterina Somellini in questi anni ha scelto di stare in silenzio. E di condurre una vita ritirata. Ma ora intende farsi ascoltare: “Nessun potrà ridarmi i miei figli ma vorrei ottenere quello che mi spetta dalla legge – afferma – per aiutare e dare un futuro migliore ai miei nipoti rimasti orfani e che sono ancora minorenni”. E aggiunge: “In questi anni sono rimasta a Corleone, da dove non mi sono mai mossa. Ho continuato a vivere facendo tanti sacrifici e guardando avanti con dignità. Credo però che lo Stato debba sostenere chi lo aiuta a combattere la mafia”. A sostenere la sua domanda è stato anche l’ex sindaco di Corleone Pippo Cipriani, anche lui costituitosi parte civile per il Comune.
Pubblicato il
16 Febbraio 2010, 10:55