27 Marzo 2015, 15:35
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CATANIA – “Movimenti territoriali e strategie di mobilitazione: i No Muos dai ricorsi legali alle azioni dirette”. Questo il titolo dell’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio nella Facoltà di Scienze Politiche per fare il punto sul movimento in vista della manifestazione regionale del 4 aprile a Niscemi. Un momento di studio e analisi condotto dal docente di Sociologia dei Fenomeni Politici, Gianni Piazza, e caratterizzato dagli interventi di diversi militanti, del giornalista Antonio Mazzeo e degli avvocati Paola Ottaviano e Sebastiano Papandrea. I legali del movimento hanno chiarito una serie di aspetti legati alle recenti decisioni del Tar di Palermo. La sentenza nasce dall’accoglimento dei ricorsi presentati da Legambiente e dal Movimento No Muos. “Il Tar ha accolto i motivi di ricorso che evidenziavano come la Regione Siciliana aveva fondato i suoi provvedimenti di revoca non già su sopravvenute valutazioni di interesse pubblico bensì su vizi di forma delle autorizzazioni originarie perché carenti di validi studi sui rischi per la popolazione e l’ambiente e di studi riguardo ai rischi per il traffico aereo”. “Rileva il Tar che l’atto di ritiro di un provvedimento, fondato su motivi di legittimità sia da qualificare come annullamento con effetto ex tunc (dall’origine) con la conseguenza che i lavori sono iniziati e proseguiti in assenza di valido titolo autorizzativo dovendosi qualificare quindi come abusivi”.
I motivi che stanno alla base della decisione del Tar impongono diverse riflessioni. In primo luogo l’assenza di valide valutazioni e studi sia sull’impatto sulla salute dei cittadini sia sul traffico aereo. “Va sottolineato che fino all’ultimo atto depositato, l’Enav ha chiarito che il Muos interferirebbe con dodici rotte fra gli aeroporti di Comiso, Sigonella e Catania, ma di non potere rispondere sul quesito se questo possa danneggiare le strutture e le strumentazioni o essere pericoloso per i passeggeri”, spiega Papandrea. Parole che lasciano perplessi alla luce del fatto che la realizzazione del Muos venne trasferita da Sigonella a Niscemi “perché uno studio delle forze armate statunitensi evidenziava il rischio di innesco indesiderato degli ordigni presenti sugli aerei”. Un’altra criticità è legata al fatto che “non esistono studi sull’esposizione ai campi elettromagnetici nel lungo periodo, né in riferimento all’interazione con altre fonti inquinanti” come ad esempio il petrolchimico di Gela. I legali del movimento, che hanno ricordato che su diversi attivisti pendono denunce sia penali sia amministrative, fanno inoltre notare a quanti ritengono inopportuna la decisione del Tar in chiave di difesa nazionale, che non soltanto il sistema non è ancora in funzione, ma soprattutto che si sa poco dell’istallazione e sui suoi scopi essendo “un’istallazione ad uso esclusivo del governo degli Stati Uniti d’America”.
Durante l’incontro sono intervenuti diversi attivisti legati a svariate realtà di lotta (il movimento di Niscemi, il collettivo Aleph, la Rete Antirazzista, Officina Rebelde, il collettivo Kaos) che hanno raccontato gli anni di mobilitazioni. Momenti per nulla semplici soprattutto per i residenti a Niscemi che hanno visto attorno a loro un crescendo di sospetti. Il caso di un’attivista fermata perché teneva in auto delle forbici da giardino in un contesto totalmente estraneo alle mobilitazioni la dice lunga sul clima di tensione. La platea eterogenea ha evidenziato che la peculiarità del movimento, fenomeno estremamente interessante da un punto di vista politico, risiede proprio nella convivenza di soggetti e pratiche estremamente diversi tra loro. “I movimenti territoriali, tra cui il movimento No Muos, utilizzano forme di azione e strategie molto diverse tra loro, da quelle moderate e legali a quelle più radicali (che a volte violano la legalità, come l’invasione della base o il taglio delle reti) in maniera complementare, nel senso che le componenti interne legittimano sia le une che le altre anche se non tutti le praticano. Alcuni gruppi sono più propensi a utilizzarne alcune, alcuni gruppi ad utilizzarne altre: ma nessuno delegittima l’altro”, spiega il professore Piazza. Le pratiche “sono utilizzate in maniera complementare e non mutuamente esclusiva nonostante il movimento sia composito e composto da attori molto diversi tra loro”. “Questi attori riescono a trovare un master frame, uno schema interpretativo dominante che tende a trovare un’identità collettiva condivisa anche da attori diversi tra loro” argomenta il docente. “Questa è la differenza tra un movimento sociale e una coalizione che invece è solamente strumentale, per cui le persone si mettono insieme soltanto per ottenere un obiettivo”.
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27 Marzo 2015, 15:35