Noce, interrogato il super perito: |”Gagliano narciso e paranoico”

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24 Giugno 2014, 17:35

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Bruno Calabrese durante l'udienza

CATANIA – Si risiede sul banco degli interrogatori Bruno Calabrese, il super perito chiamato dalla Corte a valutare il profilo psicologico di Loris Gagliano, imputato nell’omicidio di Stefania Noce e Paolo Miano, brutalmente uccisi il 27 dicembre 2011 a Licodia Eubea. Si è svolta oggi una nuova udienza del processo di appello che si celebra davanti alla corte di Assise di Catania. In primo grado Gagliano è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale di Caltagirone. Anche oggi l’imputato ha scelto di non essere presente in aula.

Secondo le diverse relazioni dei periti che si sono susseguiti in questo processo emergerebbe che Gagliano, nel commettere l’azione omicida, sarebbe stato “condizionato da un grave deficit comportamentale”. Dai loro accertamenti sarebbe emerso anche un possibile “profilo narcisistico e paranoico”. Profilo oggi confermato anche da Bruno Calabrese, che ha esposto al Presidente della Corte anche la difficoltà ad arrivare a una valutazione in quanto l’imputato avrebbe opposto qualche resistenza allo svolgimento della perizia. I motivi di questa chiusura, secondo i periti, sarebbero tre: “Non vuole passare per incapace; non intende usufruire di eventuali benefici dati da un’eventuale infermità. Ma vuole allo stesso tempo intestarsi la paternità di un fatto da annali della storia crimine. Da qui motivato il profilo narcisistico”. Esito che si evince anche dalle dichiarazioni rese oggi da Bruno Calabrese, interrogato sia dall’accusa rappresentata dal Pg Giulio Toscano e dagli avvocati delle parti civili.

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Sulla capacità di stare in giudizio – nodo cruciale di questa fase del dibattimento – i periti sono concordi nell’affermare che Gagliano, lucido e cosciente della gravità delle sue azioni, è in grado di poter affrontare un nuovo procedimento penale.

Resta fermo nelle sue posizioni l’avvocato Enrico Trantino, legale della mamma di Stefania Noce. “Per noi – dichiara a LiveSiciliaCatania durante una pausa dell’udienza – la rinuncia all’impugnazione significava l’inammissibilità del ricorso in appello”. “L’imputato – stigmatizza l’avvocato – vuole gestire il processo, secondo quello che a lui più conviene. Crediamo – aggiunge Trantino – che abbiamo messo in atto una sorta di gioco di specchi facendo credere di non voler sottoporsi a perizia per, invece, simulare una condizione di destrutturazione che lo porti poi ad una incapacità di intendere e di volere. Non dimentichiamo che l’imputato frequentava il terzo anno di psicologia e che conosceva i test. Secondo noi – conclude Trantino – non ha ben compreso le conseguenze della sua strategia”.

 

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24 Giugno 2014, 17:35

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