07 Luglio 2018, 14:34
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PALERMO – La fusione di Sas e Resais, una “nuova” Riscossione Sicilia, Gesap che gestisce anche Birgi e la possibilità di assumere “personale licenziato dalle società regionali in liquidazione”. Ecco il piano del governo Musumeci per le società partecipate approvato con il Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2019-2021. Punti fermi del Defr: la riduzione dei costi per gli organi sociali, i tetti retributivi e l’obbligo di approvvigionarsi per beni e sevizi attraverso la centrale Unica di Committenza regionale. Le società partecipate sono ancora un problema da risolvere per il presidente della Regione Nello Musumeci e per l’assessore all’Economia Gaetano Armao, sia per le nomine dei vertici – non ancora arrivate per molte di esse, anche a causa di lunghe e non prive di conseguenze prove di forza con gli alleati politici – sia per i conti in rosso di molti di questi enti.
Lo spoils system non è mai cominciato davvero, troppe mire sugli stessi posti. In particolare, il braccio di ferro tra governo regionale e Forza Italia si sta giocando su due società: Seus, in cui Gianfranco Miccichè vorrebbe piazzare Giuseppe Di Stefano, e Sas, in cui sempre Miccichè vorrebbe Marcello Caruso, ex presidente di Amia e molto vicino a Renato Schifani. Ma Musumeci non avrebbe intenzione di mollare Seus. E intanto, dopo le dimissioni “lampo” del Cda di Riscossione Sicilia guidato da Domenico Achille, sembra ormai sempre più certo l’arrivo di Vito Branca, avvocato tributarista di Catania, fedelissimo del governatore.
Riscossione Sicilia
La situazione di Riscossione Sicilia, ente che si occupa per la Sicilia della riscossione dei tributi, diventa ogni giorno più seria. E il governo allora pensa a un piano B, impopolare ma che potrebbe diventare la sola via d’uscita: “Il servizio di Riscossione in Sicilia potrebbe essere espletato da un ente pubblico economico regionale, analogamente alla soluzione esperita a livello nazionale cui eventualmente affidare, in un’ottica più di largo respiro, altre competenze quali ad esempio la funzione di coordinamento della riscossione del sistema Regione, la riscossione dei tributi propri, il supporto agli enti locali nella gestione delle proprie entrate, le funzioni di osservatorio sulla finanza e fiscalità regionale e locale ecc…”. Entro il 2018 la società deve essere posta in liquidazione, come prevede una legge regionale del 2017; funzioni e personale dovrebbero passare all’Agenzia delle Entrate, dopo un accordo con il Ministero dell’Economia. Ma questo “matrimonio” è ancora in bilico, l’incontro romano tra Armao e i rappresentanti del Ministero non c’è ancora stato, e allora il governo regionale comincia a ipotizzare un’alternativa: Una soluzione che troverebbe però contrari gran parte dei sindacati e buona parte delle forze politiche all’Ars.
Sas e Resais
Per Sas – Servizi ausiliari Sicilia “è previsto il mantenimento”, scrive il governo nel Defr. Ma “si prevede l’aggregazione con Resais, che svolge attività similari in favore del socio Regione siciliana”. Nei fatti, poiché ricorre “il vizio di similarità”, svolgendo le due società attività analoghe, “l’intero capitale azionario di Resais potrà essere trasferito a Sas e diverrà compagine controllata”. Le due società, praticamente, lavorano principalmente con commesse pubbliche, soprattutto per la Regione, per servizi quali pulizie, portierato, piccoli lavori di manutenzione. 44 lavoratori interinali di Sas, proprio di recente, sono stati salvati dal licenziamento con un emendamento alla legge Stralcio. Sas è ancora in attesa della nomina di un amministratore. La società Resais, invece, era stata scelta come “bacino” in cui collocare tutti gli ex Pip, che dal 1 gennaio 2019 quindi avrebbero dovuto essere stabilizzati nella partecipata regionale: l’articolo della Finanziaria che autorizza questa operazione, però, è stato impugnato dal Consiglio dei ministri.
Quello dell’accorpamento delle due società Sas e Resais è una delle mosse che il governo regionale deve compiere nell’ottica della “razionalizzazione delle partecipazioni regionali”, richiesta da leggi nazionali. “Si avvistano già – ammette la giunta nel Defr – casi in cui risultano necessari interventi finanziari della Regione per la ricapitalizzazione di alcune società (Airgest, Interporti), i quali non possono prescindere da dettagliati e rigorosi piani industriali di risanamento”.
Ricapitalizzazione per Airgest e Interporti
La società di gestione dello scalo “Vincenzo Florio” di Trapani-Birgi, Airgest, ha già ricevuto nelle ultime settimane, dopo il rischio di crack, con notevoli ripercussioni sul traffico turistico da e verso la Sicilia, circa 17 milioni di euro. Per Airgest la Regione ha in mente un piano preciso: l’avvio di un percorso di sinergie con l’aerostazione di Palermo, attraverso le opportune operazioni straordinarie, mediante fusione per incorporazione o una fusione propria con la società di gestione dello scalo aeroportuale del capoluogo.
In perdita da più di cinque anni, per Interporti, che si occupa degli interporti di Catania e Termini Imerese e della costruzione del Polo Intermodale (bando da 29 milioni di dollari) “è necessario un immediato piano di risanamento, al fine di mantenere la partecipazione fino al completamento delle infrastrutture in corso di realizzazione; altrimenti, sarà necessario attivare la liquidazione volontaria della società, con l’avocazione delle funzioni di stazione appaltante all’Assessorato regionale delle Infrastrutture”. La situazione gestionale dell’ente è rimasta nel caos per mesi, con quattro amministratori in quattro mesi. L’ultimo, Rosario Torrisi Rigano, è vicino a Forza Italia.
L’apertura al mercato di Sicilia Digitale e Ast
Per due delle società cardine dell’universo delle Partecipate regionali è arrivato il momento di confrontarsi con il mercato, per sopravvivere senza gravare eccessivamente sui conti della Regione. Operando nel settore del trasporto pubblico locale, servendo anche le aree marginali e periferiche, la funzione dell’Ast – Azienda siciliana trasporti non può essere dismessa, è di pubblica utilità e fondamentale per garantire il servizio anche alle comunità locali. Ma per la Regione il costo è diventato troppo alto. Così la giunta chiede ad Ast di superare la dipendenza dai trasferimenti di fondi regionali e di “perseguire una severa ristrutturazione” per misurarsi sul mercato della concorrenza. Per questo, entro il 31 ottobre 2018, dovrà predisporre un nuovo piano industriale, “contenente le azioni necessarie per superare rapidamente l’attuale e grave squilibrio strutturale fra costi e ricavi e prepararsi e per competere sul mercato” attraverso la Centrale unica di Committenza.
Per Sicilia Digitale, che si occupa di tutto l’impianto informatico e tecnologico della Regione siciliana, è stata approvata una modifica statutaria che permette all’ente “di reperire ulteriori ricavi presso una committenza diversa dalla Regione, allo scopo di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza”. A gravare sui conti della società però rimangono i numerosi contenziosi, per oltre 200 milioni di euro, con l’ex socio privato.
Chi potrà essere assunto
Ecco il passaggio del Defr che apre alle nuove assunzioni negli enti del personale inserito nell’albo delle ex partecipate, così come già previsto dalla Finanziaria approvata lo scorso aprile: “Il Governo regionale ha tracciato il quadro normativo necessario per procedere, nell’immediato, alla riallocazione del personale licenziato dalle società regionali in liquidazione. La normativa, che per il predetto personale già derogava al divieto regionale di assunzioni, consentirà alle società regionali in house di procedere all’assunzione a tempo indeterminato di personale inserito nell’albo già istituito per far fronte ai fabbisogni di risorse derivanti dalla stipula di nuovi contratti di servizio”.
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07 Luglio 2018, 14:34