30 Giugno 2014, 14:09
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PALERMO – Assolto. Nino Madonia, seppure con quella che un tempo era la formula dubitativa, esce indenne dal processo. Non è il mandante dell’omicidio di Sebastiano Bosio. La Procura aveva chiesto la condanna all’ergastolo del boss per il delitto del medico avvenuto il 6 novembre del 1981.
È andata diversamente. I giudici hanno accolto la tesi difensiva dell’avvocato Marco Clementi. Non ha retto al vaglio della Corte di assise la ricostruzione della Procura, secondo cui, “Madonia, nella sua qualità di reggente del mandamento di Resuttana, ha non solo eseguito l’omicidio ma lo ha anche organizzato e pianificato”. Durante la requisitoria, erano state ripercorse le numerose testimonianze dei pentiti che accusavano Madonia del delitto. Tesi emersa anche dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. “Tutta la mafia della zona – aveva spiegato Ciancimino jr, che sarebbe venuto a conoscenza del movente del delitto dal padre Vito – era interessata agli appalti sia per l’edilizia sia per la fornitura di macchinari e strumenti medici. Bosio si era opposto ad alcune segnalazioni dell’onorevole Salvo Lima per gli appalti”.
Altri moventi, secondo i pentiti, avrebbero spinto Cosa nostra a eliminare il primario della Chirurgia vascolare del Civico: per Marino Mannoia, “Pietro Fascella, uomo d’onore della mia famiglia (Santa Maria di Gesù, ndr) ferito a un piede, era stato curato grossolanamente dal Bosio. Il piede andò in cancrena; anche Vittorio Mangano era stato operato da Bosio alle gambe per problemi circolatori e si lamentava per le cure ricevute”. Anche secondo il collaboratore Francesco Di Carlo, “Bosio – mise a verbale – si era accanito a operare un certo Pietro o Pino Fascella che era stato colpito da un proiettile a un piede, e gli fu amputato. Secondo i mafiosi non c’era bisogno di amputarglielo, il dottore lo avrebbe fatto perché era contro Cosa nostra”.
Francesco Onorato aggiunse sostanzialmente che “Bosio non era un medico a disposizione di Cosa nostra”. A me lo disse Salvatore Micalizzi, al bar Singapore – aveva detto -. A ucciderlo fu Nino Madonia. Infatti Micalizzi mi disse: u dutture si futtio u dutture (il dottore ha ucciso il dottore). Perché Nino Madonia veniva chiamato il dottore per la sua cultura”.
Il processo a Madonia è iniziato nel 2011 dopo la richiesta di rinvio a giudizio del pm della Dda Lia Sava, avanzata a seguito della perizia dei carabinieri del Ris sui proiettili utilizzati dai sicari. L’arma che fu usata per uccidere Bosio, una calibro 38, sarebbe infatti la stessa che sette mesi dopo, il 5 giugno 1982, fu utilizzata dal killer per uccidere due meccanici della borgata palermitana Passo di Rigano, Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici. Per quel duplice omicidio, Madonia è stato condannato.
Il boss era già stato indagato per l’omicidio, ma non si trovavano riscontri e l’inchiesta stava per essere archiviata. Il gip ha chiesto nuove indagini e sono venuti fuori i proiettili del delitto rimasti per anni dentro una cassaforte dell’istituto di Medicina legale del Policlinico. Le indagini sul caso Bosio erano state riaperte tra il ’95 e il ’96, per essere poi di nuovo archiviate. Il pm Sava le aveva riaperte nel 2005.
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30 Giugno 2014, 14:09