04 Febbraio 2015, 18:24
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Fratelli e Sorelle,
1. Ancora una volta ci ritroviamo in questa splendida Piazza che riesce appena a contenerci. Siamo qui così numerosi e devoti perché proprio in questi luoghi avvenne il martirio di S. Agata.
Il mio pensiero, in questo momento, corre alle persone che, pur non essendo presenti qui fisicamente, ci seguono in collegamento e specialmente a quelle ammalate che contemplano il volto della nostra Patrona con fiduciosa speranza. A loro ed a voi, carissimi amici, un affettuoso saluto, un ricordo nella preghiera e il cordiale augurio di trascorrere serenamente questi giorni di festa in onore di Sant’Agata.
2. Guardiamo il volto risplendente della nostra Santa Patrona per scoprire sempre meglio il segreto che esso custodisce, per imparare a guardare dove guarda Lei e per fondare la nostra vita dove l’ha fondata Lei.
Lo facciamo in questa Città, che fu la sua Città, in questi luoghi dove, in un giorno di inizio febbraio dell’anno 251, i soldati del governatore romano Quinziano le tolsero la vita, ma non la libertà e la dignità.
Cosa aveva Sant’Agata di così grande nel cuore, da essere capace di resistere alle lusinghe e, poi, alle torture dei suoi carnefici? E’ la domanda che ancora oggi ci facciamo e che vogliamo riproporre alla nostra attenzione.
3. La giovane Agata non seguiva una ideologia, le mode del tuo tempo, né seguiva una religione, ma una persona che aveva afferrato la sua vita, Cristo.
Per questo nella tavoletta che fu collocata nel suo sepolcro troviamo scritto che Ella si è lasciata guidare da pensieri santi, dal desiderio di prestare onore a Dio e di ottenere la liberazione della sua patria.
Il legame con Dio e l’amore alla sua città è stato testimoniato nei secoli in maniera mirabile e molteplice. Fin da subito questa città l’ha vista come un esempio da seguire, una figlia di cui tenere vivo il ricordo, una patrona da imitare e invocare nei momenti cruciali della vita. E per questo la sua fama s’è diffusa presto in tutta la Chiesa d’Occidente e d’Oriente.
4. Gli anni in cui visse S. Agata, per certi versi, assomigliano ai nostri.
Quelli di Agata erano tempi di durissime persecuzioni contro i cristiani. Ma anche oggi come non pensare ai nostri fratelli che in Medio Oriente, in Siria, in Iraq sono stati costretti a lasciare lavoro, case e città per non tradire la loro fede in Cristo?
O come non pensare alla situazione di nuovo paganesimo che stiamo vivendo in questo scorcio di nuovo millennio?
Siamo liberi, ma la nostra libertà è vuota, ci diciamo felici ma la nostra gioia non ci soddisfa, facciamo con sempre maggiore frequenza l’esperienza di una vita senza uno scopo preciso, significativo e duraturo.
Ciò perché abbiamo escluso Dio dal nostro orizzonte di vita quotidiana e ci siamo affidati a tanti nuovi dei: il potere, il piacere, l’interesse individuale. Viviamo spesso tristi, senza gioia, senza speranza, senza futuro. Il tasso di natalità diminuisce, le fabbriche chiudono, i quartieri, soprattutto quelli periferici, sembrano desolati.
Non possiamo rimanere insensibili e inerti di fronte al grido di chi soffre perché ha perso il lavoro, perché ha subito violenza, è stato costretto a emigrare.
Per questo vogliamo tornare a guardare dove la nostra Santa Patrona seppe guardare con coraggio e tenacia; vogliamo uscire dal tunnel della tristezza, dal dramma della povertà, dalla ferocia della violenza, per riscoprire invece la speranza, la forza dirompente della solidarietà, l’amicizia e la fraternità.
E’ questa l’unica via che ci permetterà di sconfiggere la sconfortante delusione che spesso accompagna la nostra esistenza.
5. I santi, carissimi fratelli e sorelle, non sono super-uomini, o super-donne, sono uomini e donne come noi che ci testimoniano la verità dell’umano.
Per riscoprire questa verità elementare, la Chiesa italiana, e noi con essa, siamo impegnati nel cammino di preparazione del 5° Convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre di quest’anno.
Il tema del convegno parla proprio di un “nuovo umanesimo” che si può raggiungere seguendo Gesù Cristo e immedesimandosi con Lui.
“L’accesso all’umano – ci ricorda la traccia del Convegno di Firenze – si rinviene imparando a inscrivere nel volto di Gesù Cristo tutti i volti, perché Egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le cicatrici”.
Agata è come un vetrino, un tassello del volto luminoso di Cristo.
Per questo le chiediamo: tu che, rimanendo attaccata a Cristo, hai resistito al potere tirannico, hai ridato speranza alla tua città e sei divenuta un esempio per il mondo intero, aiutaci a non rassegnarci, a non fidare solo sulle nostre povere forze, a guardare al dolore che c’è attorno a noi, a sapere vedere il bene grande e nascosto che c’è nella nostra terra. Perché, guardando te e guardando dove guardi tu, anche noi possiamo avere pensieri santi, possiamo desiderare di appartenere solo a Cristo ed essere disponibili a lottare per la liberazione della nostra amata patria, della nostra amata Catania.
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04 Febbraio 2015, 18:24