28 Dicembre 2014, 06:00
4 min di lettura
Quando finirà di girare la ruota del luna park piantata sul cuore di Loris? Quando avrà fine questo gioco di ombre che genera nuove ombre? Il 28 dicembre la Chiesa celebra i Santi Innocenti, il martirio dei bambini trucidati da Erode, secondo la liturgia. Per assonanza di sacrificio, potrebbe essere il giorno adatto per dire basta, per ascoltare il de profundis di chi implora un momento di pace.
Chiede pace il piccolo Loris, sprofondato nella crudeltà di una terra che non ha saputo proteggere la sua innocenza. Merita un po’ di pace anche Veronica, precipitata nelle voragini di un’accusa indicibile, quella di avere assassinato il suo bambino. Domanda pace Davide, padre e marito, prigioniero del tormento.
E forse aspira a un momento di pace anche Santa Croce Camerina i cui abitanti sono stati risucchiati in un vortice che ha trasformato il dolore in spettacolo e ogni sentimento in rappresentazione televisiva. Un baraccone, dove ogni lacrima viene servita con la saccarina dolciastra del dibattito fra esperti che nulla sanno e nulla devono dimostrare.
A ‘Pomeriggio Cinque’ e nelle trasmissioni consorelle, la saccarina è spolverata a piene mani sul sangue. Il dolore grezzo viene aspirato con un macchinario del racconto che ne modifica il sapore. Alla fine della catena di montaggio, dal tubo fuoriesce una spremuta zuccherosa, caramellosa, leggermente appiccicosa e fortemente adulterata. Sarà distribuita ai telespettatori che amano – in quell’ibrido di plastica e polpa – l’inimitabile fragranza dell’artificio.
Aldo Grasso, critico-principe del ‘Corriere della Sera’, ha descritto l’ingranaggio: “Una compagnia di giro che negli anni ha affinato i meccanismi passa da un salotto all’altro: finge di interessarsi al caso ma pensa soprattutto alla propria visibilità, alla propria affermazione personale. Sedicenti criminologi, esperti di costume, psicoqualcosa, giornalisti di pronto impiego, magistrati, tecnici della spossatezza, conduttori nella pienezza del declino congetturano la scena del crimine, insinuano ferocie di cui non sanno niente, cercano di dare un nome all’inconoscibile”.
Tra brandelli e psicoqualcosa, il paradosso finale: ‘Striscia la notizia’ pizzica l’inviata di ‘Pomeriggio 5’, mentre si mette d’accordo con Orazio Fidone, il celebre ‘cacciatore’, lo scopritore del corpo del bambino, per mimare un incontro fortuito sulla piazza del paese. Va in onda la puntata con Orazio che passeggia e la giornalista che lo insegue, armata di microfono. Ecco la corsetta cinematografica dell’inviata, Alessandra Borgia, ecco la maschera di stupore sul viso di Orazio, l’arsenale di vezzi sulla faccia di Barbara D’Urso collegata dallo studio, tra fossette a comando sulle guance e occhi che esibiscono, in ogni occasione, lo stesso luccicante pathos. Era una messinscena.
Beccata con le dita nel dolcificante, Barbara rilancia via Facebook: “Visto che in tanti me lo chiedete, per onestà e rispetto verso il pubblico, non posso non commentare questo ormai stranoto fuorionda (…). Siccome tengo infinitamente a questo programma, alle persone che ci lavorano e a tutto il nostro numerosissimo pubblico che ci segue con tanta affezione, ho voluto capire come si erano svolti i fatti e la giornalista Borgia ha spiegato che quanto accaduto è stato figlio di una richiesta di cautela da parte del soggetto intervistato che in alcun modo, e ripeto in alcun modo, ha alterato la genuinità delle dichiarazioni e la correttezza della cronaca svolta. Striscia la notizia ha fatto il proprio lavoro, la giornalista Borgia il suo e io il mio”.
Con un colpo di frullatore, la contraffazione si trasforma in capo d’imputazione rovesciato, nell’esaltazione del trucco di scena come unica garanzia di verosimiglianza. C’è nuova polpa per mandare avanti lo spettacolo.
Anche con il coro ridondante dei convitati che hanno risposto su Facebook con commenti apparentemente severi. In superficie, avverso Barbara D’Urso; in profondità carichi di rabbia per lo svelamento dei trucchi ai quali fa ricorso il baraccone per meglio sintonizzarsi con la platea. Perché chi compra al bancone di certe trasmissioni sa già che quello è l’ingresso di un luna park montato nelle terre del dolore. Chi paga il biglietto non pretende verità e giustizia, desidera smarrirsi nel tunnel degli orrori, nella favola gotica del bambino e del cacciatore, nella fiaba truculenta del principe azzurro che forse ha ucciso la fidanzata, nel circo dei mostri presunti e delle vittime certe, tra la mela avvelenata di Biancaneve e un paio di fascette da elettricista.
Oltre quel cancello, dove la cronaca è diventata voluttuosamente finzione, il paesaggio cambia, si fa spoglio. Mario Barresi, inviato de ‘La Sicilia’, l’ha raccontato, dentro e fuori: “L’insaziabile voglia di avere un colpevole da additare; la silenziosa caccia al cacciatore della porta accanto al mulino vecchio; i chiacchiericci pruriginosi; i dubbi ingombranti sul focolare; e il cerchio che si stringe fino a strozzare l’anima nera di mamma Veronica: sospettata, indagata, processata, condannata prima da un paese che la chiama ‘a frustiera’, ‘la forestiera’, prima ancora che dall’opinione pubblica e dalla gogna mediatica. Hanno ucciso Gesù Bambino, a Santa Croce”.
Dopo Loris è stato ucciso anche Gesù Bambino. Oggi, 28 dicembre, la Chiesa venera i Santi Innocenti. Per ricordarci che il loro martirio appartiene a tutti noi.
Pubblicato il
28 Dicembre 2014, 06:00