26 Maggio 2015, 17:54
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PALERMO – E adesso la riforma delle pensioni in Sicilia diventa un caso da “carte bollate”. È stato già depositato, infatti, l’esposto della Cisl Fp contro le norme riferite al personale regionale, contenute nell’ultima finanziaria. Il sindacato è assistito da Gaetano Armao, docente di dirittto ed ex assessore della giunta di Raffaele Lombardo.
La pesante “dichiarazione di guerra” è stata già recapitata al premier Renzi e ai ministri per gli Affari regionali e per la Pubblica amministrazione. Secondo la Cisl, in sintesi, le norme volute dal governo regionale e approvate dall’Ars violerebbero alcuni principi della Costituzione, da quelli riguardanti il buon andamento delle pubbliche amministrazioni a quelli relativi alla copertura finanziaria. A essere stati “impugnati” dal sindacato sono nello specifico gli articoli 49, 51 e 52. In pratica quelli riferiti alla riduzione della pianta organica e degli uffici, all’equiparazione delle pensioni con gli statali, ai requisiti per i prepensionamenti.
Riguardo al riordino degli uffici, nell’esposto di Armao si parla di “una riduzione indiscriminata delle strutture che prescinde del tutto da qualsiasi ponderazione sul rapporto tra dette strutture ed unità operative e funzioni da assolvere. Ogni riforma dell’amministrazione – prosegue l’atto – deve tener conto non solo della configurazione attuale degli apparati, ma anche di come si intende svolgere il servizio amministrativo e di come si vogliano assicurare i diritti dei cittadini”. E dall’esposto ecco emergere anche una chiara rivendicazione dei regionali, che si oppongono a una delle più frequenti accuse: “Dei circa 17.500 dipendenti regionali – si legge infatti – solo 7 mila svolgono funzioni di pertinenza propria della Regione, le restanti 10 mila unità, invero, svolgono funzioni che nelle Regioni a Statuto ordinario sono assolte mediante dipendenti dello Stato o di Corpi dello Stato”.
Ma al di là di considerazioni generali, come detto, l’esposto entra anche nel dettaglio delle norme. A cominciare dall’articolo 49, appunto. Quello che prevede non solo i tagli alla dotazione organica e la riduzione delle postazioni dirigenziali, ma anche una sostanziale equiparazione con la normativa statale per quanto riguarda la materia dei permessi e dei congedi. Ma quell’articolo della finanziaria prevede anche la discussa norma con la quale si riapre alle assunzioni alla Regione. Una idea lanciata dal deputato Pd Antonello Cracolici e raccolta da buona parte di Sala d’Ercole. Eppure, fanno notare Armao e la Cisl, il comma che riapre alle assunzioni arriva esattamente dopo quello che ribadisce, anche per il 2016 “il divieto di assunzioni”. “Si rileva – si legge allora nell’esposto – la paese conraddittorietà tra i commi”. Mentre la Regione non avrebbe previsto nemmeno “il preventivo avviamento delle procedure di mobilità”.
Dell’articolo 49, poi, sarebbe incostituzionale anche il comma che prevede l’abolizione della “clausola di salvaguardia” per i dirigenti. Non tanto per l’abolizione in sé, quanto per un passaggio, nella norma, col quale si nega il diritto al mantenimento del trattamento economico precedente al trasferimento anche “in assenza di valutazione negativa” del dipendente stesso. Infine, secondo il sindacato e il legale Armao, sarebbero incostituzionali anche i commi con i quali vengono bloccati gli aumenti contrattuali. “Come desumibile dalla sentenza della Corte costituzionale 70 del 2015, – prosegue l’esposto – ogni legge che incida negativamente negativamente nella sfera giuridica dei destinatari necessita di una congrua e adeguata motivazione”. Motivazione che non sarebbe rintracciabile in Finanziaria.
Ma il “cuore” dell’esposto riguarda ovviamente gli articoli realtivi ai pensionamenti e ai pre-pensionamenti. Gli articoli 51 e 52 della Finanziaria “possono ritenersi – si legge nell’esposto – in contrasto e possono essere censurate, dunque, con riferimento alla loro ragionevolezza, al rispetto del principio di uguaglianza sostanziale e di proporzionalità, infatti, nel sistema retributivo la pensione si calcola applicando un coefficiente (proporzionato al numero complessivo di settimane di contribuzione vantate dall’interessato) alla retribuzione annua pensionabile, vale a dire alla retribuzione annua media percepita dal lavoratore durante un certo periodo di riferimento”. Principi che non sarebbero stati rispettati dalla norma approvata dal’Ars con la quale è stato applicato “un taglio, della quota retributiva tale da determinare una riduzione complessiva del 10% sul trattamento pensionistico complessivo annuo lordo finale, che si traduce in una violazione del principio di uguaglianza sostanziale. In questo modo – spiega Armao – viene imposto un sacrificio maggiore ai lavoratori che percepiscono un trattamento pensionistico inferiore, in quanto la disposizione traccia un sistema non improntato al principio di progressività”.
Ma per la Cisl e il suo legale, i dubbi sarebbero legati persino alla copertura finanziaria di una norma che invece, nelle intenzioni del governo, nasce proprio per ottenere dei risparmi. Anche se non è espresso esplicitamente, il rischio è quello di dove far fronte a liquidazioni e Tfr per un ammontare insostenibile per la Regione. “Basta una semplice verifica delle tabelle e dei prospetti allegati alla legge in oggetto – prosegue infatti l’esposto – per constatare la carenza di ogni determinazione dei risparmi attesi nel triennio dalle misure introdotte; la totale assenza della copertura finanziaria necessaria ad assicurare le norme che prevedono forme di pensionamento anticipato; carenti risultano le relazioni tecniche giustificative addotte dal competente Assessorato all’economia, che si è limitato a generiche, apodittiche e confusionarie previsioni di spesa”. E così, la “guerra delle pensioni” è ufficialmente iniziata. Sarà Roma adesso a decidere se quelle norme sono davvero incosituzionali.
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26 Maggio 2015, 17:54