Nunzia Graviano truffata: | “Ho avuto un danno economico”

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19 Ottobre 2018, 16:52

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PALERMO – “Il magazzino si trova in via Conte Federico, vicino piazza San Gaetano”, dice Nunzia Graviano. È lo stesso santo cui è intitolata la parrocchia dove padre Pino Puglisi curava le anime del malandato rione Brancaccio. Chissà se Graviano ha associato le due cose, se per un solo istante ha pensato al prete ammazzato su ordine dei suoi fratelli Giuseppe e Filippo.

Resterà per sempre a picciridda di casa, ma bambina Nunzia Graviano non lo è più. A cinquant’anni è tornata in aula in una veste nuova Non da imputata, come nel passato, ma come parte offesa di una truffa che lei stessa ha denunciato. Si è costituita parte civile contro due uomini, Vincenzo e Pietro Di Matteo, padre e figlio, che presero in affitto un magazzino dei Graviano, vi impiantarono uno studio dentistico senza avere i titoli professionali per farlo e non pagarono più l’affitto dopo avere onorato gli impegni per anni. Il giudice Aiello ha di nuovo valutato la richiesta di costituzione di parte civile, avanzata dall’avvocato Giuseppina Potenzano, e ha dato il via libera.

“Ho avuto un danno economico”, dice Nunzia Graviano davanti al giudice Nicola Aiello dopo avere fornito le sue generalità. Abiti eleganti, tono pacato, a picciridda di casa Graviano spiega che “non pagavano l’affitto ed è partita la procedura per lo sfratto, poi sono venuta a conoscenza che Di Matteo ha fatto una denuncia”.

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Ad un certo punto, infatti, i carabinieri misero sotto sequestro l’immobile al pianterreno di una palazzina. Quando Di Matteo vide che stavano portando via mobili e attrezzatura pensò che volessero rubarli. Ed invece la sorella dei boss era stata autorizzata dal giudice civile a riprendere possesso dell’immobile.

In realtà Nunzia Graviano ha seguito tutta la vicenda a distanza. Oltre alla condanna per mafia, infatti, le era stato imposto il divieto di dimora a Palermo ed infatti viveva a Roma, quartiere Parioli. Si era affidato ad un suo uomo di fiducia per riscuotere gli affitti che ad un certo punto non furono più pagati. I Di Matteo, assistiti dagli avvocati Cinzia Todaro, Tommaso De Lisi e Maurizio Savarese, sostengono che non hanno più pagato perché nel frattempo il laboratorio era stato sequestrato. “Non ne ero stata informata”, spiega Graviano. Da qui l’accusa di truffa.

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19 Ottobre 2018, 16:52

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