Call center, nuovo dramma |300 in cassa integrazione

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02 Aprile 2015, 17:52

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Paternò – Qè: trecento lavoratori in cassa integrazione. La doccia fredda per i dipendenti del call center paternese arriva quasi all’improvviso: ieri. Anche se il copione è quello che da tempo si ripete sul territorio italiano ed è pieno di campanelli d’allarme. Le commesse diminuiscono e con loro i flussi di chiamate: le aziende tagliano sul personale. Una decisione che avrebbe dure conseguenze su una città che vede impiegate nel call center Qè centinaia e centinaia di persone. “Come un fulmine a ciel sereno è arrivata una settimana fa l’invito da parte dell’Azienda ai sindacati un incontro urgente per comunicare, a causa di una riduzione del 50% di chiamate sulla commessa TransCom (la più grossa dell’azienda) la dichiarazione di esuberi”, spiega il sindacalista Cisl, Antonio D’Amico.

Così da martedì trecento persone saranno in cassa integrazione. “Non è stato semplice, visto i tempi brevi dettati dall’azienda, accedere agli ammortizzatori sociali e contemporaneamente individuare tutte le soluzioni necessarie per permettere di continuare fino all’attivazione della cassa integrazione”, continua il sindacalista. In ballo c’è tantissimo: un’azienda che decide di non delocalizzare e un paese che vede occupate oltre quattrocento persone in un call center in un territorio assetato di lavoro. La centralità dell’azienda è sottolineata anche dalle parole del sindaco di Paternò, Mauro Mangano. “Vista la grandissima importanza che l’azienda riveste, dal punto di vista occupazionale, nel territorio paternese, mi sono immediatamente messo in contatto con le organizzazioni sindacali che stanno seguendo le vicende dei lavoratori”, afferma il sindaco.

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“I sindacati mi hanno assicurato che si stanno studiando delle strategie per evitare ripercussioni negative per gli operatori del call center, mettendo a punto delle soluzioni per il rilancio dell’azienda”, continua Mangano. “Il Qè rappresenta ormai da diversi anni un importante elemento di sviluppo per il nostro territorio, per questo chiedo ai vertici dell’azienda di fornire ulteriori chiarimenti in merito alle azioni che si stanno intraprendendo per evitare che venga compromesso il futuro dei numerosi operatori che vi hanno trovato impiego”. La vicenda di Qè tiene con il fiato sospeso non soltanto la comunità paternese, ma un intero comparto che soltanto nella provincia etnea dà lavoro a migliaia di persone. E se le gare di assegnazione delle commesse premiano il massimo ribasso, complice un sistema che non prevede clausole contro la delocalizzazione o la tutela dei dipendenti, si finisce per tagliare sul costo del lavoro. Un circolo vizioso che va fermato prima che sia troppo tardi.

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02 Aprile 2015, 17:52

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