05 Maggio 2011, 08:13
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(rp) Mi telefona un amico con voce eccitata: “Ti ho mandato un link su fb (nella neolingua virtuale sarebbe facebook)”. “Me ne mandi tanti, perché questo è importante? Perché mi telefoni?”. “Perché c’è il video dell’esecuzione di Osama e dicono che sia parecchio raccapricciante”.
Va bene. Ma ho scritto qui che non avremmo pubblicato la vera foto di un falso Osama con la testa deformata. L’orrore chiama orrore. Devo mantenermi coerente. Non si può cedere alla deriva dell’odio e della morbosità. Poi, nella coerenza, si fa largo con i suoi denti aguzzi la curiosità. Un topo nel cacio dei buoni sentimenti. Un video con gli ultimi istanti di Osama, che si annunciano atroci. E come si fa a non dare una sbirciatina per poi proteggersi col rituale “Che schifo!”? Per un giornalista è più facile. Il diritto di cronaca è una copertura formidabile, un testimone che ti scagiona, una vocina da omino di burro che dice, suadente: “Mica lo fai perché ti piace. E’ tuo compito no?”.
Un’oretta di silenziosa battaglia con me stesso. La luminosità delle parole e delle regole contro un brivido di pancia. In casi del genere, vince sempre il brivido. Clicco sul link. Ci sono delle istruzioni che mi scoraggiano. Sono pigro. Desisto. Cinque minuti dopo mi richiama l’amico, con la voce mesta di un antico romano che è tornato dal Colosseo deluso, perché il leone è entrato in sciopero. “Attento – mugugna -non cliccare è un virus”. Sì, amico mio. E anche se non abbiamo cliccato, ne siamo tutti infettati.
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05 Maggio 2011, 08:13