21 Aprile 2024, 07:14
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Siamo quotidianamente soggetti ad un flusso continuo di notizie ed informazioni. In questo sovraccarico informativo, la nostra attenzione si dirige più agevolmente verso notizie semplici ed immediatamente percepibili. E’ possibile invece che ce ne sfuggano altre di rilievo perché ostiche o contraddistinte da un elevato grado di tecnicismo.
Per esempio: chi si è soffermato sulle ultime vicende del bilancio della nostra Regione? La Corte dei Conti, come si ricorderà, non aveva parificato il rendiconto in attesa dell’esito del giudizio costituzionale in merito alla legittimità della spalmatura decennale (anziché triennale) del disavanzo. La Corte Costituzionale si è, poi, pronunciata sancendone l’illegittimità per violazione dell’obbligo di copertura della spesa, dell’equilibrio di bilancio, di equità intergenerazionale e di sana gestione finanziaria.
Nel frattempo, in accoglimento del ricorso presentato dalla Sicilia alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti in sede giurisdizionale, dovrà essere formulato un nuovo giudizio di parifica da parte delle Sezioni Riunite siciliane in sede di controllo.
In breve, l’ARS ogni anno approva con legge il bilancio di previsione nel quale la Regione descrive le risorse finanziarie di cui dispone, ne indica le fonti e come intende impiegarle. Se esso rappresenta lo strumento programmatico ed autorizzatorio della gestione finanziaria, il bilancio consuntivo (rendiconto) rappresenta, invece, i risultati della gestione dell’anno precedente, misurando il raggiungimento degli obiettivi ed il corretto utilizzo delle risorse.
La veridicità dei dati contenuti nel Rendiconto, approvato dalla Giunta regionale, è oggetto del giudizio annuale di parifica da parte della Corte dei Conti. Giudizio temuto dai governanti e dalla burocrazia ma la cui allegata relazione, invece, va considerata strumento di cognizione per i cittadini delle modalità di impiego delle risorse pubbliche, oltre a fare da monito all’Amministrazione nell’attuazione di misure di correzione ed interventi di riforma necessari al fine di migliorare l’efficacia e l’efficienza della spesa pubblica.
Termini tecnici, materia (solo) apparentemente arida, informazioni che sembrano non essere rilevanti per la nostra quotidianità. Eppure, le questioni finanziarie pubbliche ci riguardano da vicino per diverse ragioni.
Anche nel bilancio familiare riveste grande importanza il controllo delle finanze. Si raccolgono i dati relativi ad entrate e spese; si stabiliscono obiettivi raggiungibili a breve e a lungo termine (l’istruzione dei figli, per l’acquisto di una casa o di un’auto).
Poi si pianificano le spese per prevenire sprechi riducendosi quelle non necessarie; si accantonano somme per fornire sicurezza finanziaria in situazioni impreviste. Una gestione finanziaria oculata è, inoltre, essenziale per la costruzione di un futuro economico stabile dei membri della famiglia stessa.
Ciò che vale per un modesto patrimonio personale e per la quotidiana economia domestica vale, a maggior ragione, per il bilancio di uno Stato o di una Regione: le politiche fiscali vanno finalizzate al raggiungimento di un sistema di finanze sane in cui il disavanzo ed il debito pubblico siano contenuti e sostenibili ed in cui vi sia un tendenziale equilibrio che, nel lungo periodo, tenga conto delle congiunture favorevoli e sfavorevoli del ciclo economico (l’economia, come la storia, è ciclica e nel suo ambito si susseguono fasi di espansione e di recessione).
La necessità di una sana gestione delle finanze pubbliche ha finanche comportato, nel 2012, l’introduzione nella nostra Costituzione del principio del pareggio di bilancio, anche in conseguenza degli impegni assunti dall’Italia in sede europea, sul presupposto che la stabilità finanziaria, non meno di quella monetaria, rappresenti una delle condizioni per la crescita economica dell’intera Unione.
I vincoli e le regole di ordine finanziario coinvolgono tutti i livelli di governo, comprese le Regioni e gli Enti Locali. Tutte le amministrazioni pubbliche, dunque, devono tenere in equilibrio “la bilancia dei conti”, anche per garantire alle prossime generazioni le risorse necessarie e consentire di godere dei diritti fondamentali anche in futuro.
Si comprende, allora, perché una legge che prevede il superamento degli ordinari argini temporali del ciclo di bilancio (come era quella che consentiva di spalmare il disavanzo in dieci anni) non assolve al dovere di solidarietà nei confronti delle generazioni future, lasciando loro “eredità” finanziariamente onerose, senza contare che, aumentando oltremisura i tempi di rientro, lede i principi di sana gestione finanziaria.
E’ così, allora, che notizie di scelte politiche avvertite come lontane, riconducibili ad una dimensione tecnica spesso poco comprensibile, assumono, invece, un significato differente.
Non deve, inoltre, sottovalutarsi l’importanza che le questioni finanziarie pubbliche assumono per le nostre condizioni materiali di vita: in una Regione o in Comune finanziariamente in attivo la tutela dei diritti dei cittadini passa anche (e soprattutto) dalla certezza di specifiche risorse per il loro soddisfacimento.
Tanto più che nell’ambito dell’attuale Welfare State, nel quale i diritti fondamentali (salute, istruzione, assistenza) sono riconosciuti a tutti e a ciascuno indipendentemente dal reddito personale, il principio di uguaglianza può trovare effettiva consacrazione solo in presenza di disponibilità finanziarie certe e stabilmente orientate al soddisfacimento dei diritti di tutti.
Allo stesso modo, altrettanto da vicino ci riguardano gli effetti di una situazione finanziaria deficitaria: si pensi alle conseguenze, dirompenti, della dichiarazione di dissesto di un Comune in termini di riduzione dei servizi, aumento delle tariffe, ridimensionamento dell’organico. Le politiche finanziarie rilevano, infine, per valutare la capacità dei nostri rappresentanti di gestire e spendere i nostri soldi.
In un sistema come il nostro, in cui vengono coattivamente sottratte ai cittadini le risorse da destinare al funzionamento dei servizi pubblici, è necessario un controllo attento da parte della collettività sulla gestione del denaro pubblico. D’altronde, affideremmo mai la gestione del nostro patrimonio personale ad un amministratore spendaccione?
La nostra classe politica, muovendosi in un costante clima da campagna elettorale, ha spesso effettuato scelte finalizzate alla ricerca del consenso piuttosto che allo sviluppo della nostra economia e, più in generale, della nostra società.
E proprio questa incapacità di agire in una prospettiva a lungo termine ha portato l’Italia ad accumulare un rilevante debito finanziario (oltre che educativo, culturale, ambientale).
Se non si riesce a mutare prospettiva dall’interno, a causa di una politica abituata ad utilizzare la spesa pubblica per conseguire vantaggi immediati sul piano elettorale, è indispensabile, allora, sensibilizzare l’opinione pubblica dei danni che una finanza squilibrata e poco efficiente causa a ciascuno di noi.
Ciascun amministratore deve essere, quindi, sottoposto al giudizio del corpo elettorale che, in attuazione dell’istituto della partecipazione democratica, è tenuto a valutare che le politiche finanziarie siano in linea con gli obiettivi di interesse pubblico. E questo controllo è possibile solo per mezzo della conoscenza che ciascun cittadino deve avere di tematiche apparentemente aride, lontane e misteriose ma che, invece, rivestono grande importanza per il benessere della collettività.
Prestiamo, dunque, attenzione (anche) alle notizie che non ci appassionano. Perché è la conoscenza che ci rende consapevoli. E il nostro Paese ha davvero un gran bisogno di cittadini consapevoli.
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21 Aprile 2024, 07:14