27 Maggio 2015, 12:16
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PALERMO – L’unica intercettazione in cui si sente la sua voce porta la data del 16 ottobre 2012. Alle elezioni regionali mancano 12 giorni e Nino Dina, candidato poi eletto nella lista Udc, parla al telefono con Giuseppe Bevilacqua, un altro dei quattro politici finiti ai domiciliari oggi. Secondo l’accusa per promettergli posti di lavoro, due consulenze remunerate, in cambio di voti.
Nell’inchiesta è un personaggio-chiave, Bevilacqua: prima candidato nel Cantiere popolare alle Comunali palermitane di maggio rimasto fuori da Sala delle Lapidi per una manciata di voti, nell’estate e nell’autunno del 2012 flirta politicamente con esponenti di due partiti diversi dal suo, Grande Sud e appunto l’Udc. Qualche settimana dopo arrivano anche le conseguenze: quando Roberto Clemente, un altro degli indagati ai domiciliari, viene eletto all’Ars, non lascia il seggio a Sala delle Lapidi, di fatto sbarrando la strada a Bevilacqua, che dal partito veniva percepito come un corpo estraneo. Sono proprio le intercettazioni delle sue telefonate il cardine delle accuse rivolte a Dina e ad altri.
Bevilacqua, già in estate, si pone quindi un problema: “Attualmente pago due segreterie – si sfoga con la sorella Teresa -, duemila euro al mese… di affitto, che non più sostenere se devo fare un percorso politico. Sono senza nessun incarico”. Con Teresa, il 27 luglio, Bevilacqua parla delle promesse che sostiene di aver ricevuto da Dina: “Siamo andati… io e Nino Dina allo Scudiero. Siamo andati a mangiare là, poi siamo usciti, abbiamo passeggiato come ai tempi di Drago, da una parte all’altra, in via Libertà”. Appunto: per sottolineargli la sua situazione. “Allora lui mi ha detto… dice: ‘Innanzitutto’, dice, ‘tu chiamami lunedì, io vengo nella tua segreteria…’, ‘via Antonio Marinuzzi’. Poi mi fa… dice: ‘Ma tu c’hai a qualcuno della famiglia da poter impostare? Io…’, dice, ‘ti posso dare un incarico eee…’, dice, ‘di 15 mila euro’, dice, ‘anche se non viene’”. La sorella si informa sui contratti: progetto o incarico? Bevilacqua ha una certezza: “Mi ha detto un incarico, dice, ‘Dimmi una persona familiare o se è diplomata o se è laureata, di quindicimila euro’, che può essere un anno, mi ha detto un anno”. Vuole trattare su più tavoli, Bevilacqua: “Noi abbiamo fronti aperti che… Mineo…”, dice alla sorella. Che gli chiede: “Al migliore offerente, no?”. La risposta è perentoria: “No al migliore offerente. Noi altri ci prendiamo tutte cose. Firmiamo e poi che ce la possono…”.
Tratta su tutti i fronti, Bevilacqua. Lo stesso giorno racconterà le medesime conversazioni alla madre: “Ora vediamo nel concreto quello che uno può acchiappare, perché io sono in tanti fronti… Ho a Mineo, ho a Di Trapani, ora ho a lui”. Il 28 agosto la trattativa con Dina sarebbe però arrivata a un punto morto. Tanto che la sorella perde la pazienza: “Gli dici ‘questo è il curriculum di mia sorella’. ‘Ma lo devi dare a chi deve andare a firmare il contratto. Se non firma il contratto, io a te un voto non te lo do’. All’assessorato che dice lui già li stanno firmando i contratti”. La giornata non è ancora finita quando Bevilacqua dà nuovi ragguagli a Teresa: “Giorno 15 settembre lo firma. Tu e Anna Ragusa. Stop. Tutte e due. Ho questi due soli e la… la figlia di Scannaliato”. Il progetto, sostiene Bevilacqua, “è alla Corte dei Conti per l’ultima firma”. E, quando la sorella lo incalza per sapere se i curriculum siano stati consegnati, si inalbera: “Che parlo arabo? Mi sono visto all’Oceania, ho finito mezz’ora fa… gliel’ho dato! Quello tuo e quello di Anna”.
Il 19 settembre Bevilacqua parla ancora con la sorella. Perché c’è un problema: il lavoro, almeno per Anna Ragusa (indagata a piede libero per altri episodi come Teresa Bevilacqua e Michele Scannaliato, anche se l’accusa rivolta a Dina riguarda solo le presunte promesse alle due donne), dev’essere solo sulla carta: “Anche questa cosa di Nino Dina, io gliel’ho detto… ‘vedi che Anna non si può muovere di qua’. ‘No, non ti preoccupare, è una cosa internostra’. Lui mi ha fatto capire almeno una volta a settimana… si firma e basta”.
Si arriva così alla vigilia delle elezioni. E sulle bobine degli investigatori finisce per la prima volta anche la voce di Dina. Che parla, appunto, con Bevilacqua: “A che punto siamo gioia mia? Tutto a posto”, gli chiede il politico che poi sarebbe diventato il presidente della commissione Bilancio. Bevilacqua indugia un po’ in convenevoli, ma poi va al punto: “Ma quelle cose non mi dai novità? Di… mia sorella e Anna?”. Dina è rassicurante: “No, e quelli sono… pronti, subito dopo queste cose, cominciamo… entro novembre comincia tutto perché sono già pronte le cose… falla stare serena.. Giuseppe”. I due si salutano: “A disposizione sempre”. I magistrati tagliano corto: “Non v’è dubbio che l’accordo è consistito nella promessa di procacciamento di voti fatta da Bevilacqua a Dina in cambio della promessa fatta da parte di quest’ultimo del conferimento di un incarico pubblico retribuito a Bevilacqua Teresa e a Ragusa Anna Brigida”. Promessa contro promessa. Come sia finita i magistrati non lo scrivono. Tanto basta, però, per l’accusa di corruzione elettorale che ha fatto finire ai domiciliari Dina.
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27 Maggio 2015, 12:16