Cronaca

L’omicidio alla Vucciria: l’agguato, la fuga e i silenzi

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09 Giugno 2021, 07:00

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PALERMO – Cinquantaquattro minuti dopo la mezzanotte del 31 maggio scorso. Giunge una telefonata al 112. Qualcuno ha sentito il rumore di colpi di pistola. Sono i colpi che uccidono Emanuele Burgio, in via dei Cassari, alla Vucciria.

All’1:08 il triage del Pronto soccorso del Policlinico registra l’arrivo di Burgio, già in arresto cardiocircolatorio. I medici tentano di rianimarlo. All’1:30 il ventiseienne muore. Nel frattempo in ospedale sono arrivati i poliziotti. Un uomo si avvicina. Racconta che c’era pure lui alla Vucciria e ha visto Burgio, suo cugino, accasciarsi, ma non si è accorto di cosa è successo. I colpi hanno provocato il “fuggi fuggi”. È stato lui a caricare Burgio in macchina per portarlo in ospedale.

Gli agenti si sono già precipitati alla Vucciria. Trovano una grossa macchia di sangue sul basolato, tre bossoli calibro 9 e una ogiva. Poco distante c’è la macchina di Burgio, una Mercedes Glc.

Cosa è successo? Gli investigatori della squadra mobile acquisiscono i video di una serie di telecamere. Si vedono sette uomini giungere in via dei Cassari da via dei Chiavettieri. In sella a una Vespa vengono identificati Domenico e Matteo Romano. Il nipote Giovan Battista arriva a bordo di un scooter Honda Sh.

Un veloce scambio di battute. Burgio alza i pugni come se stesse preparandosi a colpire. Giovan Batista porge allo zio la pistola che nasconde dietro la schiena. Matteo Romano fa fuoco. La vittima tenta di scappare e viene colpito alle spalle altre due volte. Esplosi i colpi Giovan Battista si allontana. Un’azione rapida, che dura un paio di minuti. Ecco perché si parla di agguato premeditato.

Vengono tutti convocati alla squadra mobile. Le microspie sono accese. “L’ho comprata ieri sera da un tunisino, 200 euro e mi sono andato a consumare”, dice Matteo Romano. Secondo gli investigatori, sta parlando dell’arma del delitto.

Il fratello Domenico Romano spiega ai parenti il suo colloquio con gli investigatori: “Dice, venga qui. Questo è suo fratello? Questo è lei? Questo è suo figlio? Io avevo due palle tante. Ci siamo andati a rovinare, ci siamo andati a rovinare”. Il riferimento è al video del delitto che gli è stato mostrato dai poliziotti.

Sempre Domenico Romano chiede al fratello: “Glielo hai detto che tre anni fa ti aveva scannato a bastonate?”. “Sì, al Calamaro”, risponde Matteo. Alla Mobile ci sono altre due persone, che erano alla Vucciria nel momento del delitto. Una conferma il ruolo di Matteo Romano. Le indagini proseguono: chi sono i quattro uomini giunti con i Romano alla Vucciria e che ruolo hanno avuto?

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09 Giugno 2021, 07:00

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