09 Febbraio 2013, 11:35
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MESSINA – Si chiama Abul Miah, è originario del Bangladesh, ed è accusato dalla polizia di avere assassinato Ali Taj, 34 anni, anche lui bengalese. Il cadavere di Taj fu scoperto la mattina del 20 agosto 2012, in via Rotolo, a Milazzo, una strada poco battuta, sulla Strada Panoramica che sale a Capo Milazzo. La vittima era nuda dalla cintola in giù, aveva due profondi tagli alla gola, inferti da un coltello.
Dapprima le indagini della polizia puntarono sul delitto a sfondo sessuale, poi, con il supporto alle indagini dato dai filmati delle telecamere a circuito chiuso, si sono spostate all’interno della comunità bengalese.
Gli investigatori sapevano che Miah era stato l’ultimo ad aver visto Ali Taj ancora in vita. Scoprirono anche che sapeva che la vittima custodiva una somma di denaro, circa 775 euro, in una tasca interna dei pantaloni. Inoltre, la perquisizione dell’abitazione di Miah fruttò la scoperta di indumenti e di un paio di ciabatte la cui suola corrispondeva, per disegno e usura, con le impronte di scarpa impresse sul sangue della vittima. E poi c’erano i testimoni che la sera dell’omicidio videro i due connazionali allontanarsi in direzione capo Milazzo, dove Ali Taj fu trovato cadavere. Infine, due elementi hanno chiuso il cerchio attorno a Miah: le tracce di sangue umano ritrovate sulle sue ciabatte che, da esame del Dna, corrispondeva a quello della vittima e il segnale del cellulare del sospettato che, nel giorno e nell’ora del delitto, agganciava la cella proprio nel luogo in cui si era verificato il misfatto.
Ali Taj era un venditore ambulante di bigiotteria, aveva collocato la sua bancarella sulla Marina Garibaldi. Lo conoscevano in molti, era benvoluto e apprezzato per la sua cordialità. Un suo connazionale lo avrebbe ucciso per 775 euro.
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09 Febbraio 2013, 11:35