12 Marzo 2018, 19:20
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CATANIA – Il Gup ha condannato Antonio Luca Priolo a trent’anni di reclusione per l’omicidio di Giordana Distefano riconoscendo- come si legge nelle motivazioni – le aggravanti di crudeltà, premeditazione e stalking. La sentenza è stata impugnata dal difensore Dario Riccioli che ha deciso di ricorrere in Appello. Priolo ha confessato l’omicidio dell’ex compagna (e madre di sua figlia) massacrata con quarantotto coltellate, ma ha sempre respinto l’accusa di premeditazione.
Sono proprio le aggravanti riconosciute dal Gup la chiave di volta dell’impugnazione. “Circostanze aggravanti, queste, ritenute dal giudice sulla base di mere ipotesi non suffragate da elementi concreti, ma da mere congetture. Il giudice non ha correttamente valutato la possibilità di ritenere la condotta dell’imputato attenuata dalla cd. provocazione”, si legge nel ricorso.
Ma c’è un altro elemento che l’avvocato contesta: le conclusioni del Gup sulla capacità di intendere e di volere di Priolo. “Egli ha ritenuto, erroneamente, attendibile la conclusione – si legge- dei propri periti in ordine alla incapacità di volere dell’imputato al momento del fatto in considerazione della non riscontrata patologia comportale del Priolo”. Anche su questo punto il legale intende dare battaglia in appello. Così si riaprirà il processo su una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica sia per la giovane età della vittima (appena ventenne) sia per la coraggiosa battaglia della madre Vera Squatrito per accendere i riflettori sul fenomeno del femminicidio.
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12 Marzo 2018, 19:20