Uccise il genero a colpi di fucile | Libero per decorrenza dei termini

di

03 Ottobre 2013, 06:30

2 min di lettura

PALERMO – Sono scaduti i termini di custodia cautelare. Dopo un anno trascorso fra carcere e arresti domiciliari torna libero Gioacchino Di Domenico. Dal suo fucile partirono i colpi che uccisero il genero, Emanuele Pilo, netturbino di 27 anni.

“Voleva ammazzarci tutti con un coltello e gli ho sparato”, ammise Di Domenico. Secondo il racconto del sessantaquattrenne, il giovane stava scavalcando il cancello della sua villetta in via Brasca, nel rione Falsomiele. Allora imbracciò il fucile da caccia ed esplose due colpi che non diedero scampo alla vittima. Lo raggiunsero al volto e al petto. L’omicidio arrivò al culmine di mesi di contrasti e tensioni. Emanuele Pilo non aveva accettato la separazione dalla moglie e iniziò a braccarla. Provò pure ad incendiarle la casa. Un mese prima del delitto era stato denunciato per stalking e gli era stato imposto di non avvicinarsi alla donna. La moglie non voleva tornare a vivere con un uomo che non riconosceva più, violento com’era diventato. Anche Pilo aveva denunciato la famiglia Di Domenico perché gli sarebbe stato impedito di incontrare i figli.

Un mese e mezzo dopo il delitto i difensori di Di Domenico, gli avvocati Ninni Reina e Miria Rizzo, avevano ottenuto gli arresti domiciliari dal Tribunale del Riesame che, riconoscendo l’affievolirsi delle esigente cautelari, sottolineò anche il clima di pressione che Di Domenico e i suoi familiari erano costretti a subire. I parenti di Pilo andarono su tutte le furie. La Procura fece ricorso, ma anche la Cassazione stabilì che gli arresti in casa erano sufficienti a garantire le esigenze cautelari.

Ora gli stessi avvocati hanno chiesto e ottenuto la definitiva scarcerazione dal Gip. Di Domenico ha solo l’obbligo di vivere lontano da Palermo e di firmare i registri in commissariato. L’inchiesta è chiusa, ma l’avviso di conclusione delle indagini è arrivato oltre il tetto massimo di carcerazione preventiva. A pesare sui tempi dell’indagine, gli accertamenti sul coltello da cucina. Dai rilievi tecnici era emerso che sull’impugnatura non c’erano le impronte della vittima. Da qui il sospetto che qualcuno potesse avere messo l’arma in mano a Pilo per giustificare la legittima difesa del suocero. Un sospetto alimentato anche dal fatto che nella cucina di Di Domenico fu trovato un ceppo da cui mancava un coltello. La scientifica di Roma ha stabilito, però, che non c’è compatibilità fra il coltello impugnato dalla vittima e gli altri che i Di Domenico tenevano in casa.

Articoli Correlati

Spiegazione che non convince il legale della famiglia Pilo, l’avvocato Salvatore Ruta. Troppo strano che un mancino impugni il coltello con la mano destra. Troppo strano quel coltello pulito nonostante Pilo fosse riverso riverso in una pozza di sangue.

A Domenico Di Carlo la Procura contesta l’omicidio volontario. Adesso si attende la richiesta di rinvio a giudizio. C’è una certezza: Di Domenico assisterà al suo processo da uomo libero.

 

Pubblicato il

03 Ottobre 2013, 06:30

Condividi sui social