Omicidio Filippo Marchì: quattro ergastoli e una condanna a trent'anni

Omicidio Filippo Marchì: quattro ergastoli e una condanna a trent’anni

Il commercianti d'auto è stato ucciso nel luglio del 2017.
IL VERDETTO
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CALTANISSETTA – Quattro ergastoli e una condanna a 30 anni di reclusione sono stati inflitti dalla Corte d’assise di Caltanissetta agli imputati per l’omicidio di Filippo Marchì, il commerciante d’auto quarantottenne ucciso a colpi di lupara il 16 luglio 2017 nella sua proprietà di contrada Friddani. I giudici hanno inflitto il carcere a vita ai fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino, storici appartenenti a Cosa Nostra di Pietraperzia, che negli ultimi anni avrebbero assunto i gradi di referenti provinciali, data la loro vicinanza ai Santapaola.

I Monachino sono ritenuti i mandanti del delitto. L’ergastolo è stato inflitto anche a Vincenzo Di Calogero e Gaetano Curatolo, mentre la Corte d’assise ha condannato a 30 anni di prigione ad Angelo Di Dio. I tre avrebbero avuto un ruolo nell’organizzazione e nella pianificazione della spedizione di morte.

È la sentenza Kaulonia, dal titolo dell’operazione compiuta dai carabinieri del Ros e dal Comando provinciale di Enna nel marzo 2019. A emetterla, come detto, è stata la Corte di Caltanissetta, presieduta dal giudice Roberta Serio. Emessa poi una condanna a una pena minore, 2 anni 8 mesi e 1.000 euro di multa, per Giuseppe Di Marca, che non c’entra nulla con la storia dell’omicidio. Rispondeva di un reato meno grave. Per i Monachino e Curatolo è stata disposta la sanzione accessoria dell’isolamento diurno per un anno; isolamento di sei mesi per Vincenzo Di Calogero. I cinque condannati principali sono stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, diretti dalla Dda di Caltanissetta, il potere enorme acquisito dal clan dei Monachino in provincia di Enna avrebbe fatto riemergere storici attriti con una famiglia di Barrafranca, che sarebbe stata capeggiata da Giuseppe Saitta, figlio di Salvatore, quel boss barrese che fu ucciso nel 1990 da un killer di mafia nell’ambito di uno scontro con il gruppo pietrino (pochi giorni prima era stato ammazzato il boss di Pietraperzia).

L’omicidio di Marchì, che in qualche modo veniva ritenuto da quel gruppo vicino a Saitta – forse perché, giovanissimo, sarebbe stato autista del padre – sarebbe stato compiuto proprio per via dello scontro tra i pietrini e il clan capeggiato da Saitta. Gli investigatori avrebbero inoltre ricostruito la pianificazione dell’omicidio, in un ovile di proprietà di Di Calogero; e individuato coloro che avrebbero compiuto il sopralluogo preliminare, che sarebbero stati Curatolo, Di Dio e un’altra persona; oltre ai presunti mandanti, i fratelli Monachino.


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