29 Novembre 2017, 14:19
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La Corte di Assise di Roma ha condannato a 24 anni di reclusione i due afghani accusati dell’omicidio dell’inviata catanese del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli, avvenuto il 19 novembre 2001. La sentenza è stata emessa nei confronti di Mamur e Zar Jan, entrambi di etnia Pashtun, i quali hanno ascoltato il verdetto tramite video conferenza. Per l’agguato in cui morì l’inviata del Corriere della Sera, i due afgani stanno scontando in patria rispettivamente rispettivamente 16 e 18 anni di reclusione. La Corte di assise di Roma ha inflitto ai due imputati anche il risarcimento danni ai familiari della giornalista e alla Rcs per 250 mila euro.
A conclusione della requisitoria il pm Nadia Plastina aveva chiesto la condanna dei due imputati a 30 anni di reclusione ciascuno in quanto colpevoli di omicidio e rapina. Quest’ultima accusa si riferiva al furto, insieme con altri ancora non identificati, di una radio, un computer e di una macchina fotografica appartenuti a Maria Grazia Cutuli.
Con questa sentenza “si è dato valore al lavoro svolto da una giornalista italiana che ha rappresentato l’Italia all’Estero portando avanti il diritto all’informazione per il suo Paese”. Così l’avvocato Paola Tullier, legale di parte civile per la famiglia Cutuli, ha commentando la decisione della Corte d’assise di Roma che ha condannato due afghani per la morte della giornalista del Corriere della Sera. “Registriamo molto positivamente la sentenza – ha aggiunto – anche per l’importante lavoro svolto dalla Digos, dai Servizi segreti afghani, dall’Ambasciata italiana a Kabul e dalla procura di Roma”.
“È stato un delitto politico e orribile. Avere una sentenza in Italia non restituisce Maria Grazia alla famiglia, ma è di conforto per i parenti perché almeno sanno che lo Stato c’è e ha fatto il suo dovere”. Così Caterina Malavenda, legale di Rcs (costituita parte civile) alla lettura del dispositivo della sentenza con la quale sono stati condannati in Italia due afghani per la morte della giornalista Maria Grazia Cutuli. “Ringrazio la procura e la Digos per il lavoro eccezionale che hanno fatto – ha aggiunto – La condanna in Italia conferma quella inflitta all’estero ma ha un altro valore”.
“Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza. Certo è che i profili di diritto e di fatto da approfondire sono tantissimi”. È il commento dell’avvocato Valentina Bevilacqua, legale di Mamur, uno degli imputati condannati per la morte di Maria Grazia Cutuli. “Riteniamo che questa sentenza, pur rispettandola – ha aggiunto l’avvocato Bevilacqua – e, ci tengo a dirlo con forza, essendo vicino alla famiglia della giornalista, non renda giustizia”. Sia il legale di Mamur, così come l’avvocato Francesco Cutrona, difensore dell’altro imputato Zar Jan figlio, hanno anticipato che ricorreranno in appello.
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