22 Maggio 2018, 10:22
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PALERMO – Dietro l’omicidio di Dino Salvato, pregiudicato di 29 anni, ci sarebbe una lite per motivi economici legati al mercato del ferro usato. Poche ore fa gli uomini della squadra mobile palermitana guidata da Rodolfo Ruperti hanno fermato Alfonso Vela, zio della vittima, che dopo un interrogatorio avrebbe confessato.
Una notte di indagini per scavare nella vita di Dino Salvato, il ventinovenne ucciso ieri sera in fondo Picone, nella zona di via Oreto (clicca qui per leggere il servizio di cronaca). Gli investigatori hanno sentito la madre del ragazzo ed altre tre persone che potrebbero aver fornito importanti dettagli sul delitto avvenuto a pochi metri dal punto in cui Salvato ha abbandonato la sua auto. Una Smart bianca dalla quale sarebbe uscito, cercando probabilmente riparo, dopo essersi reso conto di essere seguito.
Il parente lo ha individuato in via Decollati, nei pressi della Missione Speranza e Carità di Biagio Conte, l’ha poi lasciato in una pozza di sangue sull’asfalto, con il volto massacrato. Al punto da rendere difficoltosa la prima ispezione cadaverica del medico legale, che non avrebbe rilevato il foro di entrata e di uscita del proiettile, nonostante nella zona siano stati sentiti dei colpi di pistola poco prima delle 21. Per questo si ipotizza che il ragazzo possa essere stato picchiato ferocemente e poi colpito alla testa, ma come spiegano dalla squadra mobile, sono necessari ulteriori accertamenti autoptici. Per tutta la notte sono andati avanti gli accertamenti con la presenza del medico legale e del pm di turno.
Resta anche da capire perché Salvato si trovasse lì, gli inquirenti non escludono che si fosse recato nella zona per incontrare qualcuno, ma è anche possibile che stesse tornando a casa, visto che abitava con la madre, la moglie e i tre figli in fondo Alfano, nella zona di Brancaccio. Un agguato in piena regola che non gli ha lasciato scampo.
In passato Dino Salvato era stato arrestato per reati contro la persona e il patrimonio, dal furto fino all’incendio dell’auto di un carabiniere a Misilmeri. Nel 2016 era anche finito ai domiciliari per violenza sessuale e resistenza a pubblico ufficiale, insieme al fratello. A rintracciarlo era stata la squadra mobile, dopo l’aggressione ai danni di alcune ragazze in piazza Garraffello, alla Vucciria. Una notte da incubo per le vittime, che si erano rifugiate in un pub di piazza San Domenico e avevano lanciato l’allarme. Salvato era riuscito a fuggire, sferrando anche un pugno ad un poliziotto e, aiutato dalla folla all’interno di un locale, aveva fatto perdere le sue tracce. L’arresto era scattato dopo quattro mesi.
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22 Maggio 2018, 10:22