Lo Zen come Gomorra| Ecco il film dell’omicidio Mazzè

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31 Marzo 2015, 16:58

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PALERMO – Sono le immagini della Gomorra di casa nostra. Di una Palermo violenta, dove la gente muore ammazzata. Una città dove qualcuno non ci pensa due volte a massacrare l’avversario sparandogli in testa. Gli scatti fotografici in mano agli investigatori – che vi mostriamo – offrono uno spaccato desolante che va oltre i due fermi per omicidio.

In carcere ci sono Fabio Chianchiano e Stefano Biondo. Sarebbero stati loro ad uccidere Franco Mazzè, crivellato di colpi in via Gino Zappa domenica mattina. Un’accusa per la quale si attende ancora la convalida del fermo chiesta dal procuratore Franco Lo Voi e dai sostituti Calogero Ferrara e Sergio Barbiera. Il giudice ha 48 ore per di tempo per decidere. I poliziotti della Squadra mobile e del commissariato San Lorenzo sono certi di avere ricostruito la folle Domenica delle Palme nel rione palermitano. Si attende il vaglio del giudice per capire se davvero i protagonisti siano stati Chianchiano e Biondo. Comunque vada a finire le foto sono un pugno nello stomaco. In una parte di Palermo, non lontano da ciascuno di noi, ci sono persone capaci di una violenza inaudita. Le regole non esistono. Esiste la legge del più forte come emerge, ora dopo ora, dalle indagini.

Ecco la ricostruzione dell’accusa ottenuta al termine dell’analisi dei fotogrammi di diverse telecamere e da una raffica di interrogatori. Oltre che dal racconto di alcune fonti confidenziali. In mezzo a tante spiegazioni inverosimili, depistaggi, scuse subito smentite, sarebbero emersi scampoli di verità.

È domenica mattina allo Zen. Scoppia una rissa in un bar. Un buffetto scatena l’inferno ripreso dalle telecamere di video sorveglianza dell’attività commerciale. Fabio Chianchiano fa a botte con uno dei fratelli Mazzè. Ha la peggio. Viene raggiunto da alcuni pugni al volto. I Chianchiano e i Mazzè si odiano a morte. I rapporti si sono incrinati tanti anni fa per una questione di donne e i problemi sono poi proseguiti per la gestione del sottobosco criminale dello Zen. Chianchiano è una furia. Viene trascinato a forza fuori dal locale e filmato mentre sale a bordo di una Panda di colore blu.

A questo punto avrebbe cercato di organizzare una reazione, coinvolgendo altre persone. La voce si sparge e finisce all’orecchio di Michele Moceo, il nipote prediletto di Mazzè che subito sarebbe corso dallo zio per avvertirlo. E inizia la caccia all’uomo. Mazzè vuole un faccia a faccia con Chianchiano. Il primo posto dove Moceo va a cercarlo è un centro scommesse e scarica la sua rabbia con il titolare dell’agenzia, picchiato duro. Ai poliziotti che lo interrogano l’uomo dirà che si è fatto male cadendo nella doccia, ma i dipendenti del centro scommesse confermano la storia del pestaggio. Quando i poliziotti andranno a prelevare le immagini delle telecamere si accorgeranno che l’hard disk è sparito.

Mentre Moceo esce dall’attività commerciale incrocia la Panda blu. Pochi istanti dopo il nipote di Mazzè transita nei presi di casa sua e sente i colpi di pistola. Un uomo è sceso da una macchina e ha sparato un caricatore di colpi calibro 9 parabellum contro l’abitazione a piano terra. I parenti di Moceo scappano. La scena viene ripresa, anche questa, da una telecamera e si vede, ancora una volta, una Panda blu che risulterà intestata alla moglie di Biondo. Gli investigatori sono convinti che a fare fuoco sia stato Chianchiano. Una conclusione a cui arrivano confrontando i fotogrammi di Chianchiano al bar e quelli dell’uomo che arriva a bordo della Panda.

Moceo sente il rumore sordo dei colpi e inizia a correre verso via Gino Zappa. A terra c’è lo zio crivellato di colpi. Moceo lo carica su un’ambulanza che passa da lì per caso. La corsa verso Villa Sofia sarà inutile. Mazzè muore per le ferite provocate da un colpo di pistola alla testa.

La chiusura del cerchio investigativo, almeno secondo pubblici ministeri e poliziotti, è la perizia sui fori lasciati dalle armi contro la pareti di casa Moceo – un proiettile si è conficcato sul muro della camera da letto – e i bossoli rimasti per terra sul luogo dell’agguato. La conclusione è che c’è “identità balistica”. Sarebbe stata utilizzata una sola pistola caricata con due proiettili di calibro diverso. E si arriva al fermo dei due uomini. Mentre si attende il responso del giudice fotogrammi ci consegnano una fetta di città violenta. Dove la gente muore ammazzata. La Gomorra di casa nostra.

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31 Marzo 2015, 16:58

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