Omicidio Pandolfo, scatta un arresto | In manette un 18enne

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18 Marzo 2014, 19:15

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PALERMO-Dalla sua mano sarebbe partita la prima delle quaranta coltellate che hanno massacrato Massimo Pandolfo. Ancora prima sarebbe stato lui a dare il via all’aggressione finita nel sangue tra le sterpaglie del Teatro del Sole, ad Acqua dei Corsari. Poi, avrebbe commesso l’errore di accusare uno dei tre arrestati con una telefonata anonima al 112. Voleva vendicarsi ed invece sarebbe finito lui stesso in trappola.

I carabinieri hanno arrestato, su ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni, Marco Sanfratello, 18 anni. La sua posizione da mesi era al vaglio degli inquirenti. È accusato di omicidio in concorso. All’epoca del delitto, il 26 aprile scorso, non aveva raggiunto la maggiore età. Nei mesi scorsi era stato arrestato per rapina e il giudice gli aveva concesso gli arresti domiciliari. Nel frattempo, il procuratore aggiunto Maurizio Scalia e il sostituto Calogero Ferarra avevano trasmesso ai colleghi che si occupano dei reati commessi dai minorenni le carte sul suo presunto coinvolgimento nell’omicidio Pandolfo.

In carcere per il delitto, dal novembre scorso, ci sono Giuseppe Pollicino, 19 anni, e Giuseppe Managò, di 36. Era stato proprio Pollicino, messo sotto torchio dai carabinieri del Reparto territoriale del Comando provinciale di Palermo, a confessare le sue responsabilità e a tirare in ballo pesantemente il minorenne. Aveva raccontato di avere conosciuto Pandolfo, di essere stato da lui minacciato, violentato e costretto a prostituirsi in cambio di un pacchetto di sigarette o una manciata di euro. Fin quando, spinto dalla disperazione, avrebbe chiesto aiuto.

Così i militari hanno ricostruito le fasi dell’agguato, partendo una telefonata anonima. Il 15 settembre scorso qualcuno compone il 112. Una voce maschile dice di sapere chi ha ammazzato Massimo Pandolfo. Sono state tre persone e fa il nome di Giuseppe Pollicino, diciannovenne pregiudicato per rapina. Ha fretta di riagganciare. Si trova ai domiciliari e deve rincasare. Scattano le indagini dei carabinieri. La telefonata anonima è partita da una cabina in corso Tukory. Pollicino ha davvero dei precedenti per lesioni e tentata rapina. Poi, i militari estraggono dalla videocamera di un negozio le immagini che ritraggono l’autore della telefonata anonima. Che viene individuato. È Marco Sanfratello. Messo di fronte alle immagini, il minorenne ammette di avere chiamato mosso dal risentimento nei confronti di Pollicino che lo aveva abbandonato durante un tentativo di rapina. Nega, però, di avere partecipato al delitto. Dice di non conoscere Pandolfo, ma si contraddice quando riferisce di avere tirato in ballo altre due persone, oltre a Pollicino, per dare più credibilità al suo racconto vista la corporatura esile di Pollicino. È un errore grave perché il ragazzo dimostra di essere a conoscenza della stazza fisica della vittima. Eppure poco prima aveva detto di non conoscerla. Tutto quello che sa dell’omicidio lo ha appreso dalla Tv.

I carabinieri piombano in casa di Pollicino. Viene messo sotto torchio. Il suo è un interrogatorio drammatico, nel corso del quale fa i nomi di Managò e Sanfratello che assieme a lui avrebbero commesso uno dei delitti più cruenti della cronaca degli ultimi anni.

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18 Marzo 2014, 19:15

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