Omicidio Siragusa: "Il carcere ha effetti negativi, liberatelo"

Omicidio Siragusa: “Il carcere ha effetti negativi, liberatelo”

La Corte respinge la richiesta dell'ex fidanzato condannato all'ergastolo

PALERMO – Pietro Morreale chiedeva di essere scarcerato. I giudici della Corte di assise di Palermo, che lo hanno condannato all’ergastolo, hanno respinto la richiesta del ventenne ritenuto colpevole dell’omicidio di Roberta Siragusa, che di anni ne doveva compiere 18 quando fu assassinata, nel 2020, a Caccamo, in provincia di Palermo. Secondo il collegio presieduto da Vincenzo Terranova, il carcere è la sola misura adeguata per chi è accusato di essersi macchiato di un crimine così grave. Dunque Pietro Morreale assisterà da detenuto al processo di appello che inizierà a ottobre.

La richiesta di scarcerazione

Il suo legale, l’avvocato Gaetano Giunta, nell’istanza ha sottolineato che “Morreale nel corso dei due anni e tre mesi di custodia cautelare, ha tenuto regolare condotta, evidenziando senso di responsabilità. Oltre a non aver esternato comportamenti di insofferenza, ha intrapreso la frequentazione di corsi di formazione all’interno della struttura carceraria che lo ospita, a dimostrazione del fatto che lo stesso abbia la ferma volontà di cogliere la risocializzazione che gli è stata concessa, piuttosto che limitarsi ad un mero comportamento passivo durante la restrizione”.

Giovane e incensurato: “Effetto negativo del carcere”

Secondo il legale, a ciò va aggiunto l’elemento della “giovanissima età dell’imputato, la quale rende
sicuramente sconsigliabile il protrarsi della sua permanenza in carcere (con la sua portata criminogena in sé), che avrebbe un effetto negativo sulla personalità del signor Morreale e renderebbe difficile il suo reinserimento all’interno società civile”.

C’è il rischio, secondo la difesa, che il ventenne, finora incensurato, “dalla personalità non completamente strutturata”, si lasci “trascinare e deviare dagli altri ristretti”. Il legale ha poi escluso “la reiterazione del reato e il pericolo di fuga, atteso che, all’indomani della scomparsa della povera Roberta Siragusa, era lui a recarsi spontaneamente presso la stazione dei carabinieri di Termini Imerese e a permettere il ritrovamento del corpo”. Un atteggiamento definito “collaborativo” e “ben lontano da qualsivoglia rischio di fuga”. Infine la difesa ha contestato la ricostruzione della Procura di Termini Imerese, che ha retto al vaglio dei giudici di primo grado, secondo cui Morreale ha cercato di disfarsi del corpo di Roberta bruciandolo.

Il no tranciante della Corte

Sulla base di tutto ciò Morreale meriterebbe una pena meno afflittiva che garantirebbe “una corretta applicazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità”. La Corte ha rigettato l’istanza in maniera tranciante. Non c’è alcun fatto nuovo che scalfisca l’adeguatezza del carcere per una persona accusata di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà. Ed ancora, “si deve rilevare che l’asserito comportamento collaborativo dell’imputato, il quale ha sempre negato di aver appiccato il fuoco che ha determinato la morte di Roberta, è contraddetto da quanto ritenuto in sentenza circa la sua pena responsabilità dell’uccisione”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI