Amato aveva avvertito Viola:| “Stai attento a Vincenzo Aiello”

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25 Ottobre 2013, 06:00

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CATANIA – Il suo nome non fa parte della lista dei super boss della mafia a piedi dell’Etna. Nessun ruolo direttivo di “prestigio” ma compiti legati alla commissioni di furti e rapine oltre al rifornimento delle piazze di spaccio. Nonostante ciò, Salvatore Viola, diventato collaboratore di giustizia dal giugno 2012, è il nuovo nome entrato, con la sua deposizione, nel processo per svelare i retroscena che portarono all’omicidio in un macello dismesso adiacente alla strada Catania-Gela, il 30 settembre 2007, di Angelo Santapaola e del suo fidato guardaspalle Nicola Sedici. L’ex reggente e cugino del capomafia Nitto, venne inghiottito dalla lupara bianca come punizione per il suo comportamento intransigente alle regole della famiglia.

L’accusa, guidata dai sostituti procuratori Agata Santonocito e Antonino Fanara, dopo l’audizione dei collaboratori ed ex reggenti della famiglia mafiosa di Catania, Giuseppe Mirabile e Santo La Causa ha deciso di sentire Viola vista l’appartenenza dello stesso, all’epoca dei fatti, al gruppo di Angelo Santapaola. “Sedici lo conoscevo – spiega ai Pm – era un mio amico, io so che loro quel giorno avevano un appuntamento con Vincenzo Aiello. Ad accompagnarli alla stazione di Bicocca fu il cugino di Santapaola, Natale Filloramo (attualmente imputato nel filone ordinario del processo Iblis)”.

L’ex santapaoliano Salvatore Viola, affiliato nei primi anni 2000, in passato ricoprì anche il ruolo di componente del gruppo di un altro pezzo da novanta della mafia catanese, quel Salvatore “Turi” Amato, cugino acquisito del boss ergastolano Nitto e ritenuto uno dei componenti del gruppo di fuoco del quartiere “Borgo”, “Mi disse – racconta Viola – di stare attento ad Enzo Aiello perché era stato uno di quelli che avevano ucciso Angelo”. Nel processo, che si celebra in corte d’Assise davanti alla Corte presieduta dal giudice Rosario Cuteri, sul banco degli imputati ci sono proprio Vincenzo Aiello, in passato punta di diamante della famiglia Santapaola e Salvatore Dibennardo, titolare di un lavaggio auto a Palagonia, accusato di favoreggiamento.

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Depositati anche i referti dei periti sul confronto tra le tracce ematiche rinvenute nel luogo in cui si sarebbe consumato il delitto, il macello dismesso in prossimità della Catania-Gela indicato dalla rivelazioni del collaboratore Santo La Causa, e il luogo in cui i corpi vennero occultati e poi ritrovati, un casolare parzialmente diroccato nelle vicinanze del comune calatino di Ramacca. Agli atti è finita pure una perizia balistica sui bossoli calibro 9 rinvenuti sul luogo dove si sarebbe consumato il duplice omicidio. Il processo entrerà ulteriormente nel vivo con la requisitoria dei pubblici ministeri e le successive richieste. La parola poi passerà alla difesa. Ultimo atto prima della sentenza.

 

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25 Ottobre 2013, 06:00

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