25 Agosto 2014, 14:33
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CATANIA – Non sempre crisi è sinonimo di mancanza di opportunità. Al contrario. Ne è convinto il presidente dei giovani industriali siciliani che spiega a LivesiciliaCatania il suo punto di vista.
“Tempo di crisi ma anche tempo di grandi opportunità. E’ possibile fare impresa anche oggi perché in Sicilia sono presenti risorse umane valide e preparate che occorre incoraggiare ed affiancare nell’arduo percorso verso un successo che è possibile raggiungere. In che modo? Innanzitutto attraverso l’utilizzo di finanziamenti da dedicare alla formazione di una nuova e competente classe imprenditoriale. Occorre, infatti, adoperarsi in tal senso, istruendo giovani aperti al mercato globale e capaci di sviluppare efficacemente un’idea rendendola poi azione concreta. Il ricorso all’assistenzialismo statale ritengo sia inutile, e a volte persino nocivo, perché si creano imprese strumentali unicamente a intercettare finanziamenti, dimenticando che alla base di un’impresa di successo sta sempre un’idea che deve essere solida di per sé”.
“Lo Stato deve indirizzare la produzione nazionale, creare le infrastrutture necessarie allo sviluppo di un valido tessuto imprenditoriale. Bisogna identificare i settori sui quali puntare, selezionando quelli nei quali l’Italia può eccellere vincendo la sfida con i paesi emergenti guardando, ad esempio, all’agricoltura e al turismo, due settori legati al nostro irriproducibile territorio. I giovani devono tornare nelle campagne, applicando alle antiche colture tecniche e metodologie moderne e proponendosi al mercato globale con prodotti di assoluta eccellenza. Il brand Italy e’ forte e conosciuto nel mondo ed , quindi, nostro dovere difenderlo puntando sulla qualità’.
Nota dolente: la burocrazia. Bisogna eliminare i gangli di una burocrazia fine a se stessa. Spesso si generano norme e controlli soltanto per giustificare il mantenimento di un ente o di un organo di controllo. Da qui, la presenza di enti privi di una specifica identità e poco inclini al dialogo, con tutte le difficoltà che ne derivano per chi, coraggiosamente si affaccia al mestiere imprenditoriale. Non sono un sostenitore della deregulation, in quanto un paese che vuole attrarre investimenti dall’estero e esportare prodotti di qualità intanto necessita di regole chiare ed utili, cioè finalizzate al raggiungimento di un obiettivo. La burocrazia nella sua degenerazione rappresenta l’habitat naturale di un altro grande male del nostro tempo, la corruzione.
Nodo giustizia: ancora oggi una macchina i cui ingranaggi necessitano di una messa a punto in termini di efficienza e celerità. Non si dimentichi, infatti, che un appalto bloccato per anni e’ un costo che né le imprese né il sistema in generale possono accettare. Nessun governo italiano ha avuto la forza di proporre ed attuare una riforma della giustizia. Il sistema giudiziario deve presentare i caratteri dell’imparzialità, della certezza e dell’efficienza, possibili anche attraverso l’introduzione della responsabilità’ per i magistrati, uno strumento che ne migliora l’agire responsabile.
Infrastrutture: Rappresentano il trampolino di lancio per lo sviluppo di altri settori. E poi il lavoro: 60 anni di legislazione giuslavorista pesano sull’Italia, caratterizzata da un sistema socialista e pertanto segnata, eccessivamente, dal garantismo o dal protezionismo. Un’Italia che arranca è un’Italia non competitiva, non meritocratica e che stenta a rendersi riconoscibile all’estero. La polemica di questi giorni sull’articolo 18 è, a mio parere, importante perché si sta imboccando la strada giusta. La creazione di posti di lavoro passa per la necessità (che grava sul sistema nazione) di fornire agli imprenditori gli strumenti necessari all’uopo. Assunzione vs licenziamenti: spetta al mercato aperto di mantenere il livello occupazionale generale. D’altronde, continuare a credere al posto fisso è anacronistico oltreché improduttivo; il mondo e’ cambiato e il mercato del lavoro deve parallelamente adeguarsi”.
“La ricetta perfetta per la salvezza isolana e dell’Italia tutta non esiste; occorre grande impegno a tutti i livelli istituzionali, una buona dose di coraggio nell’investimento ma soprattutto la consapevolezza che risalire la china seppur costi grande fatica è di certo la strada da percorrere. Andare avanti per non restare indietro.
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25 Agosto 2014, 14:33