26 Luglio 2014, 06:02
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CATANIA. L’Istituto superiore degli studi musicali “Vincenzo Bellini” di Catania rischia grosso. Sulla sua testa pende, infatti, una spada di Damocle che porterebbe ad un drastico ridimensionamento, anticamera nel giro di qualche tempo della sua chiusura. Una questione che è tutt’altro da sottovalutare. A lanciare l’allarme non è uno qualsiasi. Bensì, Antonio Torrisi, che è referente del Ministero e componente del consiglio d’amministrazione. E la sua è una denuncia forte e accorata.
“Fose non lo si è ancora compreso: ma la situazione sta per precipitare. La situazione del Bellini è complicata perché, la statizzazione di un istituto come quello di Catania – che per legge è equiparato ai conservatori – è stata frenata. La fine di quello che è un fiore all’occhiello della città è vicina. Vorrei ricordare che quello di Catania rientra tra i cinque poli di “altissimo perfezionamento” a livello europeo. Chi si diploma al Bellini finisce alla Scala, alla Filarmonica della Scala, alla Rai: noi produciamo esperienza che vale e che è ricercata. In Sicilia investendo sulla cultura si potrebbero guadagnare tre punti percentuali di Pil. Vogliono distruggere tutto”.
Stando così le cose l’Istituto superiore, ora è seriamente a rischio chiusura. Tutti gli istituti musicali d’Italia hanno in media 200 allievi al massimo: quello catanese che “ospita” invece i ragazzi di cinque province dell’isola raggiunge circa 800 allievi. Due terzi del fabbisogno dell’ente lo garantisce il Comune; un terzo la provincia. Di fatto, è il Comune l’azionista di maggioranza dell’istituto. E se il Comune taglia del 25% i trasferimenti al Bellini, lo stesso lo farà anche la Provincia: parliamo di un taglio da 1 milione e mezzo di euro. L’istituto ha bisogno di 8 milioni di euro l’anno per la sopravvivenza.
“L’appello -aggiunge Torrisi – va fatto al presidente del Consorzio (sono Comune e Provincia che si occupano del Bellini), ovvero, al sindaco di Catania Enzo Bianco. Noi abbiamo avuto la massima disponibilità da parte del sindaco ma ora si tratta di capire se quel disegno di legge depositato in parlamento dall’onorevole Albanella e che prevede la statizzazione dell’istituto vedrà mai l’approvazione. Di certo c’è che il ministero, e i vari ministri, non hanno fatto alcun passo verso questa direzione. Noi siamo un’anomalia: tra Palermo e Trapani, nel giro di cinquanta chilometri, ci sono due conservatori. Messina ha vicino Reggio Calabria mentre, nei fatti, Catania che serve cinque province rischia di chiudere i battenti.
La legge 508 del 1999 diceva che un istituto come quello di Catania avrebbe dovuto, per l’appunto, essere equiparato ad un Coservatorio. Catania, oggi, – conclude – rappresenta un’anomalia perché da un punto di vista gestionale costa troppo. E con il Comune di Catania che dall’anno prossimo subirà un taglio del 25% dei contributi da parte dello Stato, la fine dell’istituto è vicina”.
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26 Luglio 2014, 06:02