25 Ottobre 2010, 13:32
1 min di lettura
Il boss Gerlandino Messina, arrestato qualche giorno fa a Palermo, “aveva in tasca dei pizzini con la descrizione delle opere pubbliche che si faranno presto in Sicilia con la lista delle aziende da contattare”. Lo ha riferito il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, parlando di legalità in un incontro con studenti di Varese. “Questo che è stato arrestato – ha ricordato Maroni – è il numero due della mafia e adesso stiamo dando la caccia al numero uno, Matteo Messina Denaro: il cerchio si stringe e sono ottimista nonché sicuro che presto sarà assicurato alla giustizia”.
“Il generale Dalla Chiesa venne mandato a fare il prefetto di Palermo per combattere la criminalità organizzata e ci lasciò la vita: si sentì abbandonato e probabilmente non c’era intenzione di sostenerlo da parte di chi governava allora”. Così Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, durante un discorso fatto oggi parlato ad un gruppo di studenti di Varese, la sua città, centrato sulla lotta alla criminalità organizzata. Fra le tante domande del pubblico, Maroni ha così risposto anche ad una sulla vicenda del generale Dalla Chiesa. Il responsabile del Viminale ha osservato che Dalla Chiesa non chiedeva leggi speciali ma un atteggiamento di ricerca ordinaria della legalità: “Purtroppo l’operazione non è riuscita perché chi doveva governare questo processo fu molto tiepido”. “Oggi – ha affermato Maroni – c’é una zona grigia di chi strizza l’occhio alla mafia ma non è un mafioso”, mafia verso la quale “c’é stata e ci sarà sempre tolleranza zero”. Del resto, ha ricordato lo stesso ministro, “la mafia fa il 10% del nostro pil e questo è impressionante”. Accanto a Maroni, al teatro Santuccio di Varese, erano presenti anche il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ed il comandante generale dell’arma dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli.
Pubblicato il
25 Ottobre 2010, 13:32