17 Febbraio 2016, 19:56
1 min di lettura
PALERMO – Massimo Ciancimino aveva preordinato un finto attentato ai suoi danni al quale affidare le sorti della ricostruzione della propria credibilità fortemente compromessa”. E’ l’opinione dei giudici della terza sezione della corte d’appello di Palermo che hanno depositato la motivazione della sentenza che ha confermato la condanna del teste della trattativa a tre anni di carcere per detenzione di una quarantina di candelotti di dinamite. Con lui fu condannato a due anni anche un amico, Giuseppe Avara che, per conto di Ciancimino, si sarebbe disfatto di parte dell’esplosivo buttandolo in un cassonetto.
La corte parla di “simulato attentato pianificato” da parte del figlio dell’ex sindaco mafioso ma, anche per i giudici, resta il giallo sulla provenienza della dinamite che Ciancimino teneva nel giardino della sua casa di Palermo. La vicenda nasce, dopo l’arresto per calunnia del supertestimone. Nel corso di una perquisizione vennero trovati i candelotti. Inizialmente Ciancimino sostenne che gli erano stati consegnati da uno sconosciuto come forma di pressione per indurlo a interrompere la sua collaborazione con i magistrati. Ma le videocamere piazzate a sua insaputa dagli inquirenti, non avendo ripreso alcuna consegna di esplosivo, lo smentirono. Venne fuori che la dinamite l’aveva portata lo stesso Ciancimino da Bologna in auto. Il testimone si difese dicendo che la consegna era avvenuta nel capoluogo emiliano, circostanza mai dimostrata.
Pubblicato il
17 Febbraio 2016, 19:56