"L'ho visto iniettare aria ai malati" |Ambulanza killer, c'è un altro nome - Live Sicilia

“L’ho visto iniettare aria ai malati” |Ambulanza killer, c’è un altro nome

I verbali choc. Spunta un nuovo sospettato, le parole dei testimoni.

ORRORE NEL CATANESE
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CATANIA – C’è un secondo sospettato nel caso degli anziani assassinati con le iniezioni di aria all’interno delle ambulanze di Adrano e Biancavilla. Si tratta di A.S., ambulanziere, sul suo conto ci sono i verbali dei testimoni che raccontano come il giovane avrebbe commesso alcuni omicidi proprio insieme a Garofalo. La Procura guidata da Carmelo Zuccaro ha lavorato a lungo e ancora oggi le indagini sono in corso, soprattutto dopo l’arresto di Garofalo.

“Per essere più preciso – dice uno dei testimoni, autista di ambulanze – ricordo che l’avambraccio sinistro era scoperto fino al gomito, posso altresì riferire che prima di iniettare l’aria in vena, sia il Garofalo che A.S. abbassavano il lenzuolo, alzavano leggermente la manica del braccio dove vi era l’ago della flebo, inoltre venivano sempre usati i guanti in lattice che insieme alla siringa venivano gettati nel contenitore apposito”. Questa testimonianza sarebbe stata riscontrata da un testimone, G.M.: “Appena l’ambulanza si è fermata sotto casa, ricordo nitidamente che, entrando all’interno dell’ambulanza notavo che la parte sinistra del corpo di mio padre era scoperta, mentre tutta la restante parte del corpo era coperta come in precedenza descritto. Per essere più preciso ricordo che l’avambraccio sinistro era scoperto fino al gomito”.

I casi sospetti sono cinque, il testimone chiave è sempre uno degli autisti delle ambulanze. Gli investigatori puntano l’attenzione sul decesso di Domenica R., avvenuto il 6 settembre del 2012: alla figlia “era stato impedito di salire sull’ambulanza con la madre – scrivono gli inquirenti – mentre la donna era deceduta pochi minuti dopo che era salita sull’ambulanza, nonostante le sue condizioni di salute non fossero così gravi e fosse lucida e cosciente sino a pochi minuti prima”. In questo caso all’attenzione dei magistrati, “uno degli ambulanzieri veniva riconosciuto in A. S.”.

Agli atti c’è anche la morte di Vincenza E., avvenuto il 21 luglio del 2016, il figlio ha dichiarato che la donna era deceduta durante il trasporto in ambulanza nonostante le sue condizioni di salute non fossero così gravi, “che gli ambulanzieri – ha ricostruito la Procura – erano stati pagati per il trasporto e vestizione del cadavere e che uno di questi veniva riconosciuto in A.S.”. Ci sarebbe, in pratica, sempre lo stesso sospettato a bordo.

Il terzo caso è quello di Carmelina B. deceduta nel maggio del 2012. Le figlie  hanno dichiarato che la donna ha perso la vita sempre durante il trasporto in ambulanza, “nonostante le sue condizioni di salute non fossero così gravi da far temere l’immediato decesso”. Anche in questo caso, per il trasporto “era stato contattato A.S., che si era rifiutato di far salire una delle figlie a bordo”. Durante quel misterioso tragitto, all’improvviso, a metà del tragitto l’ambulanza si fermava e le figlie scoprivano la madre col braccio penzolante, la schiuma bianca alla bocca, mentre gli ambulanzieri praticavano il massaggio cardiaco. Una delle figlie ha dichiarato di aver visto “un paio di guanti lattici usati e addirittura una siringa sottile usata, entrambi gettati a terra accanto alla barella”. E ancora, c’è un quarto caso, riguarda la morte di Francesca C., avvenuto sempre nel 2012, in ambulanza sarebbe stato presente sempre il sospettato, le figlie hanno dichiarato che la donna non fosse in condizioni così gravi da far temere il decesso improvviso.

Il sospettato “si era rifiutato – scrive la Procura – di fare salire le figlie sull’ambulanza durante il trasporto”. Al momento della partenza l’anziana signora era coperta e aveva una flebo in vena, dopo il decesso, “le figlie entrate nell’ambulanza avevano constatato che la madre si presentava senza coperta, con il braccio penzolante e senza la flebo in vena e con la schiuma alla bocca di colore verde”. Dopo il decesso, gli ambulanzieri, compreso il sospettato, avrebbero fatto “pressioni sia per la vestizione del cadavere, sia per la scelta della ditta che doveva effettuare il funerale”. La vestizione avrebbe comportato, come emerso dalle indagini, maggiori guadagni per gli ambulanzieri accusati di omicidio.

C’è un quinto caso a carico di A.S., riguarda la morte di Alfia S. avvenuta nel 2012. Dalle risultanze sembra ripetersi sempre lo stesso copione. “Era deceduta – scrivono gli inquirenti – durante il brevissimo trasporto in ambulanza dall’ospedale a casa nonostante le sue condizioni di salute non fossero così gravi”. Gli ambulanzieri sarebbero stati pagati per trasporto e vestizione del cadavere dalla ditta di pompe funebri e uno di loro, era proprio A.S., il sospettato.

Dai verbali emergono ricostruzioni agghiaccianti, uno degli autisti delle ambulanze racconta che quando era alla guida dell’ambulanza, vide A.S. “iniettare aria nell’ago cannula e quando chiesi spiegazioni lo stesso mi disse di stare zitto e guidare. Ricordo che alla donna uscì la schiuma dalla bocca e morì e poi solo dopo mi spiegò che già da prima faceva questo tipo di punture mortali perché così si guadagnava di più”.

Fatte queste premesse il Gip non ha ritenuto che l’impianto indiziario abbia “raggiunto adeguata gravità indiziaria nei confronti di A.S.

Uno dei testimoni ha confuso la data del trasporto di una delle donne morte in ambulanza, non ricordando, nella prima deposizione, che si trattasse del 2014 e non del 2012; il Gip teme che l’autista possa aver confuso l’identità dell’ambulanziere che si trovava a bordo in uno dei cinque casi documentati dalla Procura. In un caso, la testimonianza dell’autista non coincide con quella delle figlie di una defunta sulla vestizione.

C’è poi un capo di estorsione a carico del sospettato, il Gip ritiene che A.S. Insieme a Davide Garofalo avrebbe utilizzato l’ambulanza “sottratta ai legittimi titolari e per questo si è accolta l’aggravante del favoreggiamento e a trarre illeciti guadagni”. Dalle indagini sono emerse presunte minacce da parte di una titolare di agenzie funebri, ma la Procura non ha formulato un apposito capo d’accusa e il Gip ha rigettato.

 


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