25 Febbraio 2011, 12:48
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A meno di una settimana dalla pubblicazione dell’articolo “Disagi, lamentele e folla. Ecco l’ospedale dei Bambini” a firma di Martina Milani dell’11 febbraio 2011, e della smentita del Direttore di Presidio, dott. Giorgio Trizzino, “Non mancano né cerotti, né garze” dello stesso giorno; sento il dovere di impugnare la penna, per dire la mia.
Sono un dipendente dell’Azienda Ospedaliera Civico, e lavoro presso il Di Cristina, tuttavia, in questo contesto, preferisco omettere sia il mio nome sia il ruolo ricoperto all’interno dell’azienda poiché, quanto segue, potrebbe essere interpretato come un atto lesivo nei confronti dell’ ente ospedaliero da cui dipendo, e perciò sanzionabile secondo quanto disposto dalle norme disciplinari che ho sottoscritto in fase d’assunzione. Vorrei però che sia ben noto che questa lettera è principalmente un’espressione del mio libero pensiero, meno che mai contro l’interesse dell’Azienda, piuttosto una necessaria precisazione, affinché non vengano perpetrate affermazioni, lesive della dignità dei lavoratori o dell’immagine stessa che l’ospedale dà di sè.
Dopo questa doverosa premessa, passo all’esposizione di alcuni fatti accaduti a seguito della pubblicazione dell’articolo succitato. La mattina dell’11 febbraio mi è stato riferito che il dott. Trizzino si è precipitato a lavoro verso le 7.30 del mattino, più che mai stravolto, e dopo aver imposto ai portieri, attoniti, l’ordine di impedire l’accesso in ospedale a chiunque non si fosse identificato come dipendente, è salito nel suo studio. Evidentemente già a quell’ora il Direttore era stato informato di quanto dichiarato dal dott. Calì e dagli infermieri della chirurgia. Volendo forse impedire la fuoriuscita di altre notizie indiscrete ha compiuto un infelice tentativo di “blindare” l’ingresso. Di quel che sia successo immediatamente dopo non sono al corrente, ma nei corridoi dell’ospedale si parlava, di una telefonata di fuoco ricevuta dal Direttore, da parte dell’Assessore Russo, e poi la replica…
Ho letto e riletto più volte la lettera del direttore e ho trovato ingiuste, affrettate e poco prudenti molte delle sue affermazioni. Prima tra tutte questa che cito testualmente: “Non mancano cerotti né garze e tantomeno mancano medici e infermieri, ed il lavoro sarebbe per tutti più accettabile se buona parte degli stessi operatori lavorasse a tempo pieno. Altissima è la percentuale di esenti dai turni di guardia o titolari di permessi lavorativi previsti dalla legge 104 o di congedo straordinario previsto dalla legge 338. Ciò aggrava il lavoro di quanti non usufruiscono di tale privilegio e li obbliga a turni più onerosi”.
Vorrei innanzi tutto sottolineare che usufruire delle leggi 104 o 388 non è un privilegio del lavoratore, bensì una grave necessità derivante dal prendersi cura di un familiare affetto da malattia cronica, handicap psicofisici, o cancro, come ben sa il Direttore che ha sicuramente letto i testi delle leggi citate. La legge 388, addirittura, prevede sostanziose decurtazioni alla retribuzione salariale, elimina le mensilità accessorie e blocca la normale contribuzione degli oneri previdenziali. Altro che privilegi. I lavoratori che sono costretti a fruire della legge 104, di solito sono cronicamente “sotto” con il debito orario nei confronti dell’azienda, il che li costringe a turnazioni straordinarie di recupero. Per fruire dei privilegi delle leggi 104/92 e 388/90 bisogna presentare tanto così di documentazioni inerenti la malattia del familiare, in alcuni casi la polizia municipale si occupa di verificare di persona le condizioni del familiare ammalato. L’insieme, non è facile da ottenere, ne piacevole da sostenere. Se è veramente convinto delle sue affermazioni, chiedo al Direttore di esprimere la sua opinione anche riguardo il congedo per gravidanza, il congedo parentale e i permessi retribuiti, che come gli altri congedi – vorrei non essere così ovvio – sono tutti diritti regolati dal CCNL e sanciti dalla costituzione.
Va poi fatta un’ulteriore specifica, sull’argomento. L’Azienda Civico ha un ricambio di personale tra i più bassi della Sicilia (se non d’Italia) con un rapporto tra pensionati e nuovi assunti di cinque a uno. Sembra abbastanza ovvio dedurne che molti, non giovanissimi, chiedano di passare dal lavoro di “turnista” a quello “giornaliero”.
Su questa falsa riga, si potrebbe continuare, domandando al Direttore se l’attuale pianta organica aziendale è conforme alle direttive nazionali ed europee, che prevede l’attribuzione del personale in base al carico di lavoro e che per l’area pediatrica non scende mai al di sotto di un infermiere per quattro pazienti.
Un’altra affermazione del dott. Trizzino: “Non mancano cerotti né garze, e non si è mai negato un letto a un bambino che necessita di ricovero, ed i medici e gli infermieri del Di Cristina lo sanno bene che questo è per loro motivo di orgoglio e di prestigio professionale”. Son certo che il Direttone non è del tutto al corrente che le richieste inviate settimanalmente in farmacia sono puntualmente restituite con in media metà delle voci sbarrate, perché esaurite o non più disponibili. Affermare che mancano garze e cerotti non è stata una leggerezza, piuttosto una grossolana approssimazione. Non ho intenzione di stilare un elenco dei farmaci e dei presidi medici che i reparti ricevono a singhiozzo, o non hanno affatto, perché poi dovrei, per dovere di cronaca, parlare della carenza cronica di lenzuola, di materassi stravecchi e letti cadenti. Gli stessi letti che non possiamo non rifiutare ai piccoli pazienti del Di Cristina, celando il nostro personale sdegno. Altro che orgoglio e prestigio professionale.
Continua il Direttore: “Al Di Cristina non mancano i giornalisti che girano tra i reparti per raccogliere notizie e fotografare i letti in corridoio. A loro vorrei chiedere, se fosse possibile, di sostenere il nostro impegno quotidiano a fianco dei più bisognosi e dei più deboli rendendo più sereno il clima di questi giorni”. Non credo di essere la persona più indicata per difendere il diritto di cronaca, ma mi sembra abbastanza chiaro che, se le richieste legittime dei lavoratori del Di Cristina continueranno ad essere depennate e i loro diritti saranno considerati privilegi, se i diritti di piccoli pazienti continueranno a essere ignorati, è dovere dei giornalisti raccontare queste cose nel modo più obiettivo possibile.
L’atteggiamento ostile nei confronti della stampa è caratteristico di chi ha qualcosa da nascondere, lo insegna la classe politica “uscente”.
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25 Febbraio 2011, 12:48