28 Novembre 2016, 16:49
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PACECO – Mafiosi tra i soci, conti correnti intestati a persone fantasma, legami con la massoneria, operazioni finanziarie che fanno acqua. Nei prossimi sei mesi lo Stato dovrà affrontare la delicata gestione della Banca di Credito cooperativo di Paceco. Una sede e cinque filiali a Trapani, Marsala ed Erice. Dovrà “ripulire” l’istituto e metterlo in sicurezza, in attesa che un altro gruppo bancario lo acquisisca.
La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani ha affidato l’incarico all’amministratore giudiziario Andrea Dara, professionista molto noto nel settore, che in passato ha gestito anche la clinica sanitaria privata Villa Santa Teresa, sequestrata a Michele Aiello. Un tempo lavorava fianco a fianco con Gaetano Cappellano Seminara, il recordman di incarichi finito sotto inchiesta assieme al giudice Silvana Saguto. Poi, arrivò il “divorzio”, professionale e burrascoso, tra i due a tal punto che Dara finì per contestare al collega la richiesta di una maxi parcella. Dara sarà affiancato nel lavoro dagli esperti della Price Waterhouse Coopers Advisory, colosso internazionale della revisione contabile. È la prima volta in Italia che un’intera banca finisce in amministrazione giudiziaria, come hanno sottolineato il procuratore distrettuale antimafia di Palermo, Francesco Lo Voi, l’aggiunto Bernardo Petralia e il comandante provinciale della Finanza, Giancarlo Trotta.
Gli amministratori dovranno fare pulizia all’interno della Banca che ha una storia segnata da presenze ingombranti. Dei 1.660 soci ce ne sono 357 con precedenti penali, di cui 11 segnalati o condannati per reati riconducibili alla mafia. Si comincia con Giuseppe Coppola, che negli anni trascorsi avrebbe messo a disposizione la propria abitazione di Paceco per i summit fra i mafiosi di Trapani e Palermo, per proseguire con Paolo Cardella, condannato per mafia che offrì ospitalità a due latitanti marsalesi. Ed ancora, tra i soci figurano Francesco Spezia, Pietro Pizzo, Giovanni Marano, Francesco Mineo, Pietro Leo, Antonino Morici, Giuseppe Nicosia, Giorlando Pugliese. Sono tutti soggetti coinvolti in passato in inchieste giudiziarie sulla mafia trapanese.
La Banca d’Italia aveva sentito puzza di bruciato nel 2010 e nel 2013. Alcuni isituti di credito avevano segnalato operazioni sospette che puzzavano di riciclaggio, ma al Credito cooperativo di Paceco non si era accordo di nulla. O meglio, avrebbero fatto finta che tutto fosse regolare. Secondo i finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia tributaria di Palermo, guidati dal colonnello Francesco Mazzotta, alcune operazione sono state palesemente illecite. Come quella volta in cui Pietro Leo, indagato e condannato per reati aggravati dal metodo mafioso, consigliere della Banca dal 1995 al 2013 e padre dell’attuale responsabile dell’area clienti della filiale di Paceco, chiuse un’operazione vantaggiosa solo per lui. Gli era stato erogato un mutuo da 237 mila euro, ma nel 2013 saldò il suo debito versando solo 135 mila euro.
La cognata di Francesco Milazzo, pentito di mafia, nel 2008 aveva prelevato in contanti 120 mila euro. La Banca si accontentò di una giustificazione fin troppo blanda: la cliente era entrata nel panico per colpa delle notizie stampa sulla crisi dei mercati e aveva deciso di tenersi un bel gruzzolo a casa, superando tutte le barriere anti riciclaggio. E poi ci sono le operazioni della famiglia mafiosa Coppola, di cui la banca di Paceco viene considerata uno strumento. Particolarmente attivo è stato negli anni Filippo Coppola, detto il professore per il suo passato alla presidenza dell’istituto tecnico Gentile di Trapani.
Condannato per mafia, Filippo è figlio di Gino Coppola, anziano uomo d’onore di Paceco che, secondo un pentito, offrì la sua casa per un summit fra Matteo Messina Denaro e Giovanni Brusca. Il fratello di Filippo, Rocco Coppola, è stato funzionario della Banca di Paceco, dove ha ricoperto prima un incarico nell’ufficio fidi e rischi, è poi è stato direttore della filiale di Trapani. Filippo Coppola ufficialmente ha chiuso i conti nel 2003, ma attraverso i familiari avrebbe continuato a movimentare denaro sottotraccia. Vengono segnalate anche le operazioni bancarie che hanno per protagonisti Filippo Coppola e Michele Mazzara, pregiudicato e suo socio in affari nel commercio di meloni. Una carpetta contenente alcune operazioni sospette, comprese quelle intestate a persone fantasma che esistono solo sulla carta, è stata trovata dentro un armadio chiuso a chiave. Nasconde, probabilmente, i segreti della Banca, compresi gli strani rapporti che stanno portando i finanzieri del Gico fin dentro la loggia massonica del Grande Oriente d’Italia. E i passaggi di denaro fra alcune società e aziende gestiti da persone che non ve avrebbero la titolarità.
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28 Novembre 2016, 16:49