20 Agosto 2013, 16:52
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PALERMO – Quando mancano pochi giorni al ventennale, iniziano a volare gli stracci. Con il centro fondato da don Pino Puglisi da un lato e l’associazione che combatté al suo fianco dall’altro. In mezzo, i familiari del sacerdote ucciso da Cosa nostra il 15 settembre di vent’anni fa a Brancaccio, che oggi hanno affidato a una lettera la propria posizione sulle polemiche scaturite dalla campagna per l’acquisto della casa di don Pino a Brancaccio: “A questo punto della storia del nostro familiare – scrivono i fratelli del sacerdote ucciso dalla mafia in una lettera diffusa dal Centro Padre nostro – ci sentiamo in dovere di dire la nostra in proposito, anche se siamo sicuri che a molti non importa, perché in fondo noi non siamo stati mai né ascoltati, né consultati. Noi crediamo in quello che i tanti giovani del Centro Padre Nostro guidati da Maurizio Artale hanno fatto in questi lunghi anni, in quanto, avendo avuto modo di conoscerli, abbiamo avuto prove provate da documenti e opere realizzate giorno dopo giorno, che queste persone hanno preso con serietà e incondizionato interesse l’opera del nostro familiare, Padre Puglisi, colui che tanti anni fa fondò questo Centro”.
L’oggetto del contendere è la casa di don Pino. O meglio la campagna per acquistarla lanciata dal Centro Padre nostro. Per rilevare l’immobile davanti al quale fu ucciso il sacerdote, che sarà trasformato in un centro di preghiera, servono 135 mila euro, 98 mila dei quali già raccolti grazie alle donazioni di Fondazione Mcmc di Lugano (15.000 euro), Fondazione NoWomanNoLife di Lugano (15.000); Multi Veste Italia 4 srl – Forum Palermo (5.000), Associazione Medici Dermatologici (5.000), dai risarcimenti per le costituzioni di parte civile nei processi (18.000) e dai fondi del Centro (40.000). Il resto dovrebbe arrivare da una sottoscrizione popolare attiva sul sito internet www.centropadrenostro.it, che – secondo Artale – ha già raggiunto quota duemila euro.
Contro questa campagna, però, si era scagliato Pino Martinez, portavoce dell’associazione Intercondominiale da tempo in contrasto con il presidente del Centro Padre nostro. Proprio con Martinez se la prendono i familiari di don Pino: “Coloro che si dichiarano ‘amici storici’ ci devono dimostrare cosa hanno fatto per continuare quello che il nostro familiare voleva. Dov’è la loro solidarietà? Dov’è la loro presenza a Brancaccio? Lungo le vie della sofferenza? È facile criticare e farsi pubblicità gratuita per mezzo dei giornali. A noi familiari diretti, come al nostro Padre Puglisi, e come ai giovani del Centro Padre Nostro, piace agire e non blaterare”.
Pino Martinez, però, non ci sta. “Mi sento molto ferito – dice, raggiunto da LiveSicilia.it -. Con padre Puglisi ho lottato tanto e ho rischiato tanto. Io continuo a rischiare la vita anche qui dove vivo, sono riuscito a fare intitolare una piazza a Pino Puglisi a Carini. Noi stiamo continuando nello spirito di don Pino: ad esempio per i locali di via Azolino Hazon o per la scuola media”. Martinez tiene a un punto: “Non voglio entrare in polemica con i fratelli di don Pino, ma non mi aspettavo queste parole visto che in passato mi hanno anche difeso – prosegue il portavoce dell’associazione Intercondominiale -. Polemizzo con chi ha sfruttato l’immagine di don Pino, non certo i suoi familiari. Io porto da anni la testimonianza di don Pino in giro per l’Italia e non ho mai chiesto niente per me”.
I familiari di don Pino, però, si scagliano anche contro l’arcivescovo. “Vorremmo chiedere alla Chiesa palermitana – si legge nella lettera diffusa da Artale – cosa intende fare della struttura ‘tolta’, nel loro diritto civile, al Centro di accoglienza Padre nostro, quello fortemente voluto da padre Puglisi e guidato da Maurizio Artale, che rappresenta per tutti noi la sua opera missionaria e causa della sua uccisione. Per noi è assurdo considerarla una reliquia come ha dichiarato il cardinale Romeo. Considerare la struttura acquistata dal nostro Padre Puglisi una reliquia fa intendere che tutto finisce li; in realtà non è così perché il Centro c’è, è attivo e ci lavorano da venti anni, alcuni di loro per qualche spicciolo, altri per volontariato, ragazzi in gamba che in nome di Padre Puglisi, dell’amore verso gli altri, per il rispetto individuale e sociale, lottano in prima linea”.
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20 Agosto 2013, 16:52