“Il boss voleva uccidere la figlia” | Mafia di Bagheria, 16 arresti

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30 Ottobre 2017, 07:05

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PALERMO – L’anziano boss si era rifatto sotto. Scarcerato lo scorso aprile Pino Scaduto stava cercando di riprendersi il posto che gli spettava, quello di capomafia di Bagheria. E voleva addirittura ammazzare la figlia, colpevole di avere avviato una relazione con un carabiniere. Un affronto che voleva punire con il sangue. Scaduto finisce di nuovo in cella, assieme ad altre quindici persone. (Clicca qui per guardare le foto degli arrestati).

La scena si ripete. Le sirene delle gazzelle con cento carabinieri del Comando provinciale svegliano Bagheria (clicca qui per guardare il video). Un nuovo blitz antimafia scuote il mandamento del popoloso centro alle porte di Palermo, uno dei più colpiti dalle indagini degli ultimi anni.

Sono sedici le persone arrestate dai militari guidati dal comandante provinciale Antonio Di Stasio, su richiesta del procuratore Francesco Lo Voi e dell’aggiunto salvatore De Luca. L’ordinanza di custodia cautelare è firmata dal Gip Nicola. Aiello. Per tutte l’accusa è di associazione mafiosa ed estorsione. Fiaccato dagli arresti il clan ha provato a rialzare la testa. Ed è ripartito dal pizzo per fare cassa e controllare il territorio.

I carabinieri sono intervenuti con l’ausilio delle unità cinofile per eseguire delle perquisizioni. Un elicottero vigila sulle operazioni. Indagini serrate, pentimenti a raffica, collaborazione da parte degli operatori commerciali: il “modello Bagheria” è stato vincente dal punto di vista investigativo. E così è stato possibile monitorare cosa stava accadendo nelle fase successive ai blitz del passato. Il risultato è la nuova operazione che ha portato in carcere sedici persone.

Nella lunga lista degli scarcerati spiccava il nome Pino Scaduto. Le sue prime impronte criminali risalgono agli anni Novanta quando si occupava di estorsioni nella stagione in cui la cosca bagherese garantiva protezione e assistenza a Bernardo Provenzano. Scaduto aveva finito di scontare una condanna nel 2007. Un anno dopo era già di nuovo in cella. È a lui che si erano rivolti i mafiosi palermitani che volevano rifondare Cosa nostra, convocando la commissione provinciale che non si riuniva dall’arresto di Totò Riina. Il blitz Perseo stoppò il tentativo.

Pochi mesi fa Scaduto, quando ha finito di scontare la pena al processo Perseo, si è visto assolvere dalle ipotesi di estorsione che lo tenevano in carcere. È passato, in pochi secondi, giusto il tempo della lettura del dispositivo d’appello, dal 41 bis alla libertà. E si è presentato un problema grave da risolvere. Le cimici, infatti, avevano captato il suo progetto di morte per la figlia che voleva una vita normale. Si era innamorata di un giovane carabiniere. L’anziano padre era su tutte le furie e aveva ordinato al figlio di attivarsi per la macabra esecuzione della sorella e del fidanzato, ma il giovane si è rifiutato. Appena trentenne, così diceva al padre, “non mi voglio consumare”.  

”Nel contesto delle illustri scarcerazioni, dopo il ritorno in carcere di Giulio Caporrimo, ora è stato il turno di un altro reggente, Pino Scaduto, uscito lo scorso aprile. Entrambi sono emersi alle cronache giudiziarie per aver tentato, dopo il capo dei capi, Totò Riina, a ricostruire forme alternative di un’organizzazione di vertice di cosa nostra – dice il colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo -. In particolare, negli anni 2007-2008, Scaduto, insieme a Benedetto Capizzi era stato il promotore del progetto di ricostituzione della commissione provinciale di Palermo. Mentre Caporrimo aveva organizzato, nel 2011, l’incontro di ‘Villa Pensabene’ riunendo tutti i capi mandamento del capoluogo siciliano. Ancora una volta, è risultata premiante la sinergia tra la Procura e i Carabinieri e la solerzia degli organi giudicanti. Una ulteriore conferma che lo Stato c’è”. Oltre al boss Pino Scaduto sono stati arrestati Giacinto Di Salvo, ex capo del mandamento mafioso di Bagheria dal 2011 fino al maggio 2013, quando venne arrestato nell’ambito dell’indagine denominata “Argo”, Giovanni Trapani, boss di Ficarazzi (Pa) che era stato arrestato nell’operazione Iron Men. Colpiti dal provvedimento anche i vertici storici della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia, come Franco Lombardo, ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia tra il 2011 e l’ottobre 2012 e, per breve periodo, reggente del mandamento di Bagheria, e Michele Modica, a capo della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia fino al giugno 2014, quando venne arrestato nell’ambito dell’indagine “Reset”.

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30 Ottobre 2017, 07:05

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