13 Gennaio 2012, 12:57
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Nessun problema di gestione né di amministrazione o di ritardi nell’assegnazione di fondi, dietro la polemica su Palazzo Riso, sede del museo d’arte contemporanea a Palermo e al centro di voci su una possibile chiusura finora smentite dal governo regionale, ci sarebbero motivi clientelari e di nepotismo. Ne è convinto l’ex sottosegretario Gianfranco Micciché che tira in ballo Gesualdo Campo, dirigente del dipartimento dei Beni culturali della Regione siciliana, che avrebbe tentato di indicare la moglie come direttore del museo. All’ANSA, il leader di Grande Sud, che per primo ha sollevato il rischio di chiusura per il museo, dà la sua versione: “La questione dei fondi europei (12 milioni del Po-Fesr ndr) è la goccia che ha fatto traboccare il vaso – sostiene -. La vera questione riguarda la sistemazione della moglie di Gesualdo Campo”.
Micicché quindi riferisce di un incontro col superburocrate. “Un giorno questo dirigente della Regione mi è venuto a trovare – afferma – dicendomi che era sua intenzione mettere a capo di Palazzo Riso la moglie, una ‘ottocentista’. Ci sono rimasto di stucco: ho obiettato che un museo d’arte contemporanea guidato da un’esperta di arte dell’Ottocento non era proprio un’idea geniale. Lui ha insistito, adducendo per altro delle motivazioni legate al ricongiungimento con la moglie”. Micciché spiega di avere riferito su quell’incontro al governatore, Raffaele Lombardo: “Ho raccontato questa vicenda al presidente e tutto è finito lì”. Aggiunge Micciché: “In questa vicenda, non credo che Lombardo, né l’assessore regionale ai Beni culturali Sebastiano Missineo c’entrino poi molto. Non considero loro i responsabili, qualche altro componente del governo, sì”.
Quindi lancia una sorta di appello all’assessore Missineo: “Non lo conosco, mi hanno detto che è persona seria. Se ciò è vero, allora, mi auguro che non si pieghi ai capricci di Campo. E’ incredibile come ogni volta che in Sicilia qualcosa funzioni, esce fuori un alto burocrate che si mette di traverso per rovinare tutto”. Tre giorni fa, con un annuncio a sorpresa, il direttore del museo, Sergio Alessandro, aveva deciso la chiusura della struttura, sostenendo che sul Riso si addensavano troppe incertezze: il mancato finanziamento e un complesso e discutibile progetto di ristrutturazione che avrebbe impedito al museo di essere fruibile per anni. Sia il governatore Lombardo che l’assessore Missineo avevano replicato che la chiusura “era una bufala”.
Micciché spiega quali sono i suoi rapporti con l’attuale direttore del museo, Sergio Alessandro: “Mi accusano di essere il big sponsor del direttore? Se questo legame è inteso come amicizia affaristica e clientelare allora lo nego assolutamente”. “In tutta la mia vita – prosegue l’ex presidente dell’Assemblea regionale – ho incontrato il direttore una sola volta, se non ricordo male nel corso di una mostra della Biennale a Venezia. Se big sponsor, invece, significa difensore di una persona e di un team che hanno dimostrato, con i fatti, di sapere lavorare in maniera eccellente, allora non posso che rivendicare con orgoglio questo appellativo”. Micciché ricorda che “l’idea di realizzare un museo d’arte contemporanea a Palermo è nata a metà degli anni 2000 quando al ministero dell’Economia decidemmo che anche l’arte poteva essere protagonista dello sviluppo del Sud”. “Siglammo un accordo con la Biennale di Venezia per esportare nel meridione alcune delle loro mostre in nuovi spazi espositivi – continua – Con l’allora governatore Totò Cuffaro e l’assessore regionale ai beni culturali Fabio Granata abbiamo individuato in Palazzo Riso la sede siciliana”. A quel punto, “quando ho saputo che a direttore del museo era stato scelto un dirigente regionale, Sergio Alessandro, sollevai i miei dubbi”. “Mi ero sbagliato – afferma il leader politico – In questi anni Palazzo Riso, grazie al lavoro del direttore e del suo staff, è diventato un polo museale di prim’ordine. Un giorno navigando su internet in un sito specializzato in arte contemporanea ho addirittura letto che palazzo Riso e il Maxxi di Roma erano indicati come i musei italiani del futuro”. “Insomma – conclude – la scommessa è stata vinta, Palermo può vantare uno spazio espositivo tra i più innovativi e ricercati d’Europa, rovinare tutto per assecondare le mire clientelari di qualcuno è assurdo, un vero delitto”.
(Fonte ANSA)
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13 Gennaio 2012, 12:57