13 Febbraio 2022, 06:06
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PALERMO – Alla fine l’Istituto autonomo case popolari di Palermo e l’Amap hanno raggiunto un accordo. Lo Iacp pagherà per intero la stangata da 15 milioni. Cinque milioni subito, gli altri in cinque anni ed una “maxi-rata” finale da 8 milioni di euro.
Iacp si accolla un debito per i consumi idrici in abitazioni non sue e in gran parte occupate abusivamente. Oggi non aveva alternative, ieri però nulla è stato fatto per bloccare il pagamento. Neppure si è cercato di resistere, di capire l’origine del debito, se i soldi fossero dovuti. Semplicemente perché l’Istituto è stato assente. Neppure si è costituito in giudizio e il decreto ingiuntivo è divenuto irrevocabile.
Il percorso tortuoso va ricostruito da principio. Nel 2013 il Tribunale civile di Palermo emette un decreto ingiuntivo chiesto da Amap. Lo Iacp resta silente. Passano sei anni, nel 2019 Amap si rivolge al Tar Sicilia che ordina all’Istituto di pagare subito. Il decreto ingiuntivo è diventato esecutivo perché l’istituto non si è opposto.
I giudici amministrativi scrivono che “Iacp non si è costituito in giudizio sebbene regolarmente convocato”. E aggiunge che la “parte pubblica intimata, non costituitasi in giudizio, non abbia addotto elementi di valutazione suscettibili di infirmare la quantificazione del credito”.
In effetti l’8 maggio 2013 il responsabile dell’ufficio legale dello Iacp, l’avvocato Enrico La Malfa Ribolla, aveva scritto all’allora direttore generale Salvatore Giangrande e ad altri funzionari che “allo stato, nel merito, non si ravvisano motivi di opposizione davanti all’autorità giudiziaria”. C’erano ancora dei mesi per valutare la situazione, ma nulla cambiò.
In sostanza lo Iacp ha accettato la maxi stangata senza fare nulla, neppure controllare se il conteggio fosse coretto. Nel luglio 2019 l’ordinanza del Tar finisce sul tavolo dell’architetto Vincenzo Pupillo. È una delle prime grane che il neo direttore generale, nominato da pochi mesi, si trova ad affrontare.
Per prima cosa Pupillo chiede chiarimenti all’ufficio legale, allora diretto dall’avvocato Maria Alimena, la quale risponde che c’è stata una “mera consegna” dell’atto senza conferimento di alcun mandato difensivo, né una direttiva di predisposizione di determina o delibera di costituzione in giudizio”. E aggiunge che l’amministrazione non le ha fornito “alcune elemento difensivo”. Ecco perché Iacp non si è opposto al decreto ingiuntivo, facendolo diventare esecutivo.
Qualcosa non quadra. Bisogna andare all’origine del debito, al momento in cui ne è stata riconosciuta l’esistenza. E cioè fino al novembre 2007, anno in cui Iacp, al termine di una ricognizione, conferma in una delibera che Amap deve ricevere 9 milioni (agli attuali 15 si arriva con gli interessi maturati nel tempo). La delibera, però, dice anche altro.
C’è scritto, infatti, che Iacp vanta un credito di 4,5 milioni dal Comune di Palermo per il trasferimento di alcuni immobili un tempo di proprietà del’Istituto. Amap accetta di chiudere la partita ricevendo da Iacp non più 9 milioni, ma 6,5 di cui 4,5 mediante la cessione del credito che l’Istituto vanta dal Comune.
C’è di più: viene stabilito che “la validità ed efficacia della delibera resta subordinata al perfezionamento della transazione fra il Comune e lo Iacp”, altrimenti “il presente atto sarà improduttivo”. Amap dichiara che nella ipotesi di mancato perferzionamento della transazione fra Comune e Iacp “indipendentemente dalle ragioni che lo abbiano eventualmente determinato, la stessa nulla potrà pretendere e a qualsivoglia titolo da nessuna delle due parti”.
Se la transazione fra Comune e Iacp non è avvenuta ciò che è stato deciso dopo, dunque anche il decreto ingiuntivo, potrebbe essere nullo. Potrebbe esserci ancora margine di intervento per non pagare, servirebbe una revocazione, dimostrando che la sentenza si è basata su fondamenti errati.
I nuovi vertici Iacp non si rassegnano. Pupillo e il commissario straordinario Ferruccio Farruggia incaricano il professore e avvocato Mario Serio di “esplorare ed individuare eventuali azioni legali percorribili a tutela di questo istituto”, affiancandogli nel lavoro l’avvocato La Malfa.
Farruggia e Pupillo, ad ottobre 2019, scrivono pure al servizio di vigilanza sugli enti del Dipartimento regionale delle delle Infrastrutture. Chiedono un’ispezione, contestando una serie di punti: Amap vuole soldi per consumi idrici di immobili degli anni ’60 e ’70 che non appartengono più all’Istituto, ma sono di Enti disciolti (Ina Casa, Icogap, Gescal, Incis), del Demanio dello Stato e della Regione (tra cui 320 case allo Zen); si chiedono perché debbano pagare per case non di proprietà Iacp e occupate pure da abusivi, per le quali è stata la prefettura, per evidenti motivi di ordine pubblico, a vietare la sospensione della fornitura. Pupillo e Farruggia contestano anche l’intera gestione dello Iacp, ritengono che ci siano milioni di euro di crediti mai riscossi.
A giugno 2020 Pupillo stila una delibera commissariale. Ritiene che Iacp si possa ancora difendere. Nel frattempo, però, è ormai ai ferri corti con l’ufficio legale. Non si fida degli avvocati interni, alla luce della mancata costituzione in giudizio del passato e della complessità della vicenda, e nomina un professionista esterno.
Il responsabile della sezione affari legali, che nel frattempo è diventata Natalia Alimena, risponde dicendo che “la ritenuta inaffidabilità della sezione affari legale appare completamente disancorata dalla realtà”. Contesta il fatto che non le è stato chiesto alcun parere legale sulla vicenda Amap e pure i soldi stanziati per la parcella (15 mila euro).
Nel luglio 2021 l’incarico di Pupillo viene revocato. Tra le contestazioni che gli vengono mosse c’è anche la nomina dell’avvocato esterno. Pochi giorni fa Iacp e Amap hanno raggiunto un accordo. L’Istituto pagherà 15 milioni di euro per consumi idrici. Se i soldi fossero tutti dovuti non si saprà mai, perché Iacp ha deciso di non costituirsi in giudizio. Ha accettato la maxi bolletta senza opporsi.
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13 Febbraio 2022, 06:06