Retata a Palermo, 181 arresti: i boss e gli affari della nuova mafia

I boss e gli affari della nuova mafia: retatona a Palermo, 181 arresti

I summit con i criptofonini, collegati anche dal carcere. VIDEO

PALERMO – Le sirene delle gazzelle dei carabinieri svegliano Palermo. Da San Lorenzo a Porta Nuova, da Santa Maria di Gesù a Bagheria, passando per i paesi della provincia lungo la strada che conduce all’aeroporto di Punta Raisi. Le indagini coinvolgono anche uomini di Pagliarelli e della Noce. Oltre 1.200 i militari impegnati nel blitz.

È una notte di arresti dalla periferia dello Zen al vecchio mercato Ballarò nel cuore della città vecchia. Sono 181 le ordinanze di custodia cautelare e i fermi eseguiti dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

La mafia di oggi subisce una batosta. I numeri del blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo del reparto Operativo sono imponenti. Bisogna andare indietro nel tempo, fino al blitz della notte di San Michele del 1984, per trovare un elenco più corposo. Era un’altra Cosa Nostra, a cui quella di oggi guarda con nostalgia.

È un mix fra vecchio e nuovo quello svelato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Le indagini sono coordinate dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella. Niente più vertici di presenza come in passato – alcuni dei quali addirittura a bordo di gommoni -, niente più baci in bocca a sugellare alleanze.

I boss di oggi usano le nuove tecnologie e i criptofonini per le riunioni. Sono smartphone che usano metodi di crittografia per proteggere i vari sistemi di comunicazione. La differenza principale con i cellulari normali risiede nel software: questi dispositivi contengono infatti sistemi di cifratura superiori agli apparecchi di solito sul mercato.

Le riunioni monitorate dagli investigatori sono i summit 3.0 della nuova commissione di Cosa Nostra. La mafia azzoppata dai blitz ha trovato nuovo vigore soprattutto grazie ai soldi della droga. I mandamenti hanno fatto cartello, attivando un canale diretto con i grossisti calabresi. I soldi hanno portato prestigio e potere. Boss liberi per fine pena e boss ancora detenuti hanno siglato un patto nel corso delle videochiamate o scrivendo in chat. Le carceri sono un colabrodo.

I boss credevano di avere aggirato l’ostacolo delle intercettazioni. Si sbagliavano: c’è chi ha commesso un errore fatale svelando i nomi di chi comanderebbe. Per i carabinieri del reparto operativo e del Nucleo investigativo, agli ordini rispettivamente del colonello Ivan Boracchia e del tenente colonnello Domenico La Padula, sono arrivati i riscontri ad un quadro già chiaro.

Così come decisiva è stata la decriptazione della contabilità di Giuseppe Auteri che durante la latitanza è stato il reggente del mandamento di Porta Nuova. Quando lo hanno arrestato, a marzo dell’anno scorso, in una modesta casa nella zona di via Oreto, ha cercato di disfarsi dei fogli di carta. Con un grande lavoro i carabinieri – così come ricostruito da Livesicilia – hanno recuperato nomi e cifre di chi gestisce i traffici di droga e anche di chi paga il pizzo. “Mi hanno fregato”, disse il giovane boss ai parenti durante un colloquio in carcere.

Droga e pizzo a tappeto, anche attraverso l’imposizione del pesce nei ristoranti di Mondello e Sferracavallo. Si fanno in quattro per fare avere i soldi ai vecchi capi detenuti. “Ci sono regole nella Cosa Nostra che vanno rispettate”, diceva uno degli arrestati. Nel frattempo c’è la fila fra le nuove leve per essere affiliati. Il blitz è una risposta importante. In alcuni casi è scattato il fermo perché qualcuno ha goduto di qualche soffiata sulle imminenti operazioni. Un commesso della Procura, Feliciano Leto, era già stato scoperto ma ci sono forti sospetti anche su un avvocato.
IL VIDEO DEL BLITZ ANTIMAFIA

I NOMI DEGLI ARRESTATI NEL BLITZ (in aggiornamento)


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