Palermo, il 2025 può essere l'anno della rinascita

Palermo 2025, può essere l’anno della rinascita: ma dobbiamo volerlo

Perché questo può essere un anno migliore

Cara Palermo, il 2025 potrebbe essere il tuo anno, se solo tu lo volessi. Lo stesso valeva per il 2024, per il 2023… C’è una città legata alle scelte della politica, del suo gruppo dirigente. Ma è la stessa che potrebbe già provare a migliorare le cose direttamente, senza indulgere nel rito della lamentela, nel gusto della scomunica preventiva.

Cara Palermo, per una volta non parliamo dei massimi sistemi, pur così importanti, in concreto. Parliamo di una parte di te, di un’abulia che dura ormai da troppo, della tua incapacità complessiva di rinnovamento, della lontananza da te stessa che ti porta a guardare ogni sfida da ogni tipo di spalto, senza quasi mai scendere in campo.

Esiste una fisionomia nuova e non dipende dall’età. Ci sono forze generose e fresche, nell’impresa, nelle professioni, nella Chiesa, nella cosiddetta ‘società civile’. Per fortuna.

Eppure, ancora sopravvive – il riferimento, come sopra e come sotto va a una discreta porzione, con voce in capitolo – il rito del camerino chiuso, del circoletto, delle vasate che, talvolta, legittimano convenienze reciproche. E’ l’eterna restaurazione del mito del potere che si compie nelle segrete stanze, in relazioni sperimentate, e che non considera il merito, perché preferisce l’appartenenza. I tuoi giovani lo scoprono, Palermo, quando vanno via.

Cara Palermo, quante volte l’hai detto o te lo sei sentito dire: a cu appartieni chistu… Una domanda perfino confortante da un certo e perverso punto di vista. L’appartenenza offre l’illusione della sicurezza, dello scoglio a cui aggrapparsi. E che ti importa se sacrifica la libertà, se moltiplica le zone di rispetto…

Come ti risulta confortante la rassegnazione, intessuta di cinismo. La gioia dissimulata con cui vedi affossare le notizie di cambiamento, quando non provvedi personalmente a farlo. Quanto può risuonare gratificante la lamentela di chi non si è mai adoperato per nulla che non fosse il proprio tornaconto.

Eppure i testimoni di verità non sono mancati, ci sono. E quanto mancano coloro che non sono più. L’ultimo ad andarsene è stato padre Maurizio Francoforte, dolce e caparbio parroco di Brancaccio. Un uomo tenace, nella sua immensa capacità di relazioni umane. Lo piangiamo.

Come piangiamo Biagio Conte e il Beato Pino Puglisi. A proposito di don Pino e della nota polemica sull’asilo di Brancaccio: tutte le richieste di approfondimento sono legittime, mentre l’opera va avanti, come ha chiarito il sindaco, Roberto Lagalla, che ha mantenuto il suo impegno. Nel frattempo, la politica cittadina potrebbe accostarsi a una figura così immensa con maggiore lungimiranza, evitando le polemiche e le strumentalizzazioni.

Cara Palermo, siamo tornati a scriverti, per l’amore che nutriamo per te, in occasione di un passaggio, da un anno all’altro, che ha il significato di un orizzonte. Tanto ci sarebbe ancora da ricordare, ma per esigenze di continenza, ci fermiamo, per il momento, qui.

I problemi li conosciamo tutti: dal decoro urbano, all’insicurezza nel centro storico, ai rifiuti. E tutto e tutti continueremo a raccontare, come abbiamo fatto. Ed è pure giusto ricordare che qualcosa, nelle cose, si muove.

Ma tu, cara Palermo, smettila di guardarti con distacco, come se non ti appartenessi, nel senso migliore del termine. Forse possiamo imparare un po’ d’amore per noi stessi, dagli altri. Per esempio dall’ammirazione che sgorgava negli occhi di un colorato esercito di giapponesi (nella foto), al seguito di un simpatico miliardario, nel tempio musicale del Teatro Massimo.

Se ci sarai, cara Palermo, il 2025 sarà il tuo anno. Nel 2024, nel 2023, nel 2022… semplicemente, non ci hai creduto troppo. Si può migliorare e sperare: comunque, è sempre meglio che fare finta di niente. Palermo 2025 può essere il titolo di una rinascita. Ma tu, Palermo, che poi siamo noi, devi volerlo. Dobbiamo volerlo davvero.


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