16 Dicembre 2021, 15:12
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PALERMO – Una sfilza di criticità e irregolarità. L’Autorità anti corruzione bacchetta la Regione siciliana sulla progettazione del mega centro direzionale. La Regione, però, avrebbe già risposto all’Anac, dicendo di essere nel giusto. Nel frattempo lo studio francese che aveva vinto l’incarico, poi escluso ad agosto, ha presentato un ricorso al Tar con cui chiede di tornare in lizza e di sospendere tutto. Il Tribunale amministrativo regionale dovrebbe esprimersi a gennaio.
È un papocchio il faraonico progetto da 425 milioni di euro per accorpare tutti gli uffici regionali in via Ugo La Malfa, a Palermo. L’ultimo passaggio è la delibera Anac del 6 dicembre scorso che ritiene ci sia un vizio di partenza e insanabile relativo alla nomina della commissione.
Lo scorso agosto la graduatoria è stata riformulata. Sono state escluse alcune società e dichiarato un nuovo vincitore provvisorio per la progettazione che da sola vale un milione e 100 mila euro.
Nella nuova determina, firmata dall’ingegnere Antonino Leone, capo dell’ufficio del Genio civile di Enna e responsabile unico del procedimento, sono stati esclusi dalla gara i gruppi che fanno capo a Tekne spa (primo classificato), Agence Rudy Ricciotti (secondo classificato) e Xaveer De Geyter Architects BVBA (quarto classificato).
Il nuovo assegnatario è il gruppo che ha come mandatario lo studio Transit srl. Secondo classificato il gruppo che fa capo a Miralles Tagliabue.
Il progetto per il mega centro della pubblica amministrazione, che doveva essere pronto nello scorso mese di ottobre, era finito all’attenzione della stampa e dell’Assemblea regionale con un’interrogazione del Partito democratico al governo Musumeci. La commissione, formata da cinque membri, era presieduta dall’architetto francese Marc Mimram, che risultava avere collaborato a vari progetti con Leclercq Associès, uno dei tre studi che fa parte del raggruppamento d’imprese (con la Tekné S.P.A. di Milano in qualità di mandataria) che si è, per l’appunto, aggiudicato il bando.
A maggio la Regione ha bloccato l’iter di aggiudicazione e ha chiesto un parere all’avvocatura dello Stato che nella risposta non ha rilevato conflitti di interesse e ha autorizzato il prosieguo dell’iter. Nei primi giorni di giugno, però, nuovi elementi hanno portato il Rup a chiedere un nuovo parere all’avvocatura. Questa volta è arrivato l’invito a bloccare la gara perché alcuni raggruppamenti di imprese, quelli poi esclusi, avrebbero fornito dichiarazioni non veritiere (su eventuali rapporti con i componenti della giuria). Insomma, c’era un evidente conflitto di interesse frutto di vecchi progetti, concorsi e pubblicazioni del passato. Presidente della commissione e vincitore hanno lavorato insieme.
Il 5 luglio la Leclercq ha risposto alle nuove contestazioni, precisando che i rapporti contestati sono lontani nel tempo (anche 13 anni fa) e che i due professionisti (Leclercq e Mimram) hanno sì partecipato a lavori in modo congiunto, ma senza vincolo lavorativo o economico tra di loro, “ciascuno eseguendo i propri lotti di lavoro”.
L’ingegnere Leone ha firmato ad ottobre la determina, pochi giorni dopo essere stato sentito dai finanzieri su delega della Procura della Repubblica di Palermo. C’è, infatti, un’inchiesta penale in corso. I pubblici ministeri vogliono vederci chiaro sui rapporti fra i francesi e i gruppi palermitani.
Ora arriva la determina dell’Anac che non solo ribadisce la tesi del confitto di interesse, ma muove una critica che minerebbe l’intero progetto alla radice. La commissione del concorso è stata nominata prima del termine per la presentazione delle offerte. Secondo Anac, i commissari andavano scelti dopo.
La Regione la pensa in maniera opposta: conoscerli prima ha evitaro di scoprire eventuali conflitti di interesse a cose fatte, bloccando l’iter dell’opera. Lo scorso settembre l’assessorato alle Infrastrutture ha scritto ad Anac, precisando che “in merito ai tempi di nomina della commissione giudicatrice, la stessa è regolamentato da una disciplina diversa rispetto alle procedure ordinarie”.
“Ciò perché in relazione alla specificità del concorso, svolto nel rispetto dell’anonimato dei concorrenti, è di grande rilevanza che la nomina della commissione giudicatrice avvenga in una fase di pubblicazione del disciplinare, al fine di scongiurare il rischio che il doppio anonimato (dei concorrenti e dei giurati) possa evidenziare eventuali incompatibilità soltanto dopo il giudizio della commissione, inficiando così la procedura”.
Il punto è che, secondo la Regione, “che i concorrenti protetti dall’anonimato attraverso la stessa piattaforma informatica avrebbero potuto e dovuto segnalare, ed invece non hanno fatto, subito dopo l’iscrizione al concorso, i casi di incompatibilità dei giurati successivamente rilevati dal Rup, affinché la situazione stazione appaltante potesse procedere alla loro immediata sostituzione”.
Infine la Regione ha ribadito che la procedura “è applicata da tutte le stazioni appaltanti d’Italia” e che “la stazione appaltante ha sempre operato in accordo con le più autorevoli istituzioni nazionali e regionali”.
“Tali considerazioni non si ritengono condivisibili – si legge nella determina di Anac – osservato che dalle vicende verificatesi si potrebbe ritenere che la conoscenza ab origine dei commissari abbia potuto determinare una deviazione dal legittimo iter procedurale, agevolando la partecipazione al concorso del vincitore nonché, a voler ritenere,
anche del 2’ e 4’ classificato, successivamente effettivamente esclusi dalla gara a causa dei precedenti
rapporti lavorativi, non dichiarati, intrattenuti con il Presidente di Commissione”.
L’Anac, dunque, ha deliberato “la non conformità della procedura in analisi”. Ma la Regione sembra intenzionata ad andare avanti. Ritiene di avere rispettato la procedura.
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16 Dicembre 2021, 15:12