11 Gennaio 2019, 15:40
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PALERMO – Il comune di Palermo tira dritto e, nello scontro con il ministro Salvini, è pronto a rivolgersi al Tar. La questione migranti torna d’attualità nella politica cittadina, dal momento che oggi a Sala delle Lapidi è andato in scena il dibattito d’Aula con il capoarea, Maurizio Pedicone, l’assessore Gaspare Nicotri e il capo dell’avvocatura, Giulio Geraci. Una seduta che si trascina da almeno tre giorni, tra rinvii e sospensioni, e che ha certificato la confusione che regna sul tema.
Il decreto Salvini, convertito in legge dal Parlamento, impedisce infatti ai richiedenti asilo di potersi iscrivere all’Anagrafe e di ottenere così una residenza. Disposizione che il sindaco Leoluca Orlando, con una propria nota inviata agli uffici, ha deciso di sospendere scatenando un putiferio a livello nazionale con tanto di cordata di primi cittadini pronti a seguirlo nella protesta.
Una vicenda che si è ulteriormente ingarbugliata quando tre dipendenti comunali, nominati dal Prefetto come ufficiali d’Anagrafe e che dovrebbero materialmente istruire le pratiche, con una mail inviata a Pedicone hanno detto a chiare lettere di non voler infrangere la legge, né di voler correre rischi. Da qui la richiesta delle minoranze di un dibattito in consiglio comunale che facesse chiarezza sulla questione, anche se la seduta di oggi è apparsa a tratti surreale e si è conclusa con una manciata di presenti.
La situazione è comunque di per sé controversa: il decreto Sicurezza, infatti, si è sovrapposto al Testo unico sull’immigrazione del 1998 e non ha abrogato il comma 7 dell’articolo 6, secondo cui le iscrizioni di chi è straniero ma regolare “sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani”. Quindi, in poche parole, sono in vigore due norme che dicono due cose differenti e bisogna decidere quale applicare sui tanti casi in questione: a Palermo, fino al 27 gennaio, sono stati già fissati appuntamenti con 182 persone, le cui pratiche sono in corso, e altre 35 sono stati programmati dal 28 gennaio in poi. Insomma, oltre 200 casi su cui adesso bisognerà decidere cosa fare visto che la legge impone di protocollare le pratiche.
“Io ho ricevuto la comunicazione del sindaco solo il pomeriggio del 3 gennaio – ha spiegato Pedicone, a cui il sindaco ha anche chiesto una relazione sulla costituzionalità delle norme – e l’ho girata agli uffici. Gli ufficiali d’anagrafe sono nominati dal Prefetto e tenuti ad applicare la legge, i sindacati hanno preso le loro difese ma i dipendenti rischiano sanzioni disciplinari”. E dopo numerose interruzioni, per le quali il dirigente si è anche detto “offeso”, Pedicone ha precisato che l’Anagrafe non è una materia comunale ma statale, tanto che un delegato del Prefetto ogni mese controlla e certifica il lavoro degli uffici di viale Lazio: “Il sindaco è un ufficiale di governo, si è detto consapevole delle responsabilità e ha precisato che eventuali denunce non sarebbero ricadute sui dipendenti e sui dirigenti, firmando lui stesso le residenze”.
E proprio qui sta il punto: chi rischia? “Chi istruisce una pratica lo fa sulla base di leggi e regolamenti, se riscontra la mancanza del requisito lo evidenzia – ha spiegato Nicotri -. Il sindaco si è assunto una responsabilità come ufficiale di governo che fa parte di una struttura statale e si determinerà accogliendo le istanze, anche se c’è un parere diverso del dipendente che non si assume responsabilità”. Il punto è che le iscrizioni, anche se fatte da Orlando, potranno essere annullate dal Prefetto: “Questo potrebbe provocare un ricorso al Tar – ha aggiunto l’assessore – in modo da richiedere un pronunciamento alla Corte costituzionale”.
Perché alla fine l’ultima parola spetterà proprio alla Corte, che dovrà esprimersi anche sui ricorsi presentati dalla Regione. “Numerosi esperti dicono che ci sono diversi profili di incostituzionalità – ha spiegato Geraci – anche se spetterà alla Corte decidere. Il sindaco mi ha convocato la mattina del 3 gennaio per un confronto e mi ha confermato l’intendimento di sollevare in giudizio per far sì che un giudice potesse sollevare la questione di legittimità costituzionale”. Ma, ha spiegato il capo dell’avvocatura, il parere sulla costituzionalità o meno del decreto dovrà esprimerlo l’Anagrafe: “I singoli uffici devono essere padroni delle materie che gestiscono, troppi pareri ci rallentano – ha continuato Geraci –. L’avvocatura potrebbe intervenire solo in un secondo momento, se richiesto e solo per dubbi interpretativi. Comunque l’istituto dell’iscrizione sembra non essere venuto meno e le variazioni richieste non intaccate”.
In Aula il capogruppo di Sinistra Comune, Giusto Catania, ha poi ribadito la richiesta di denunciare per abuso d’ufficio i dipendenti comunali che non istruiranno le pratiche. “Nessun cittadino titolare di permesso di soggiorno, per ragioni umanitarie o richiedente asilo, può essere privato del diritto all’iscrizione anagrafica e questo oggi, nel corso del dibattito in Consiglio comunale, è emerso in modo esplicito. La tesi che sosteniamo da tempo, secondo la quale il regolamento anagrafico continua ad essere in vigore e il Decreto Salvini è intervenuto esclusivamente sulla limitazione della procedura semplificata non precludendo il diritto soggettivo alla residenza, è stata confermata anche dall’Avvocatura comunale di Palermo. Ho chiesto al Segretario generale di procedere d’ufficio qualora, come riteniamo, gli uffici dell’anagrafe abbiano commesso abusi non garantendo il diritto all’iscrizione anagrafica a diversi cittadini titolari di permesso di soggiorno in corso di validità. Già il 26 novembre scorso, con una interrogazione, avevamo denunciato che l’Anagrafe di Palermo stava procedendo in spregio alla legge, rifiutando le iscrizioni. Adesso è tutto chiaro e gli errori commessi dagli uffici comunali sono stati determinati dal clima politico di terrore, di caccia alle streghe contro gli stranieri avviata dal governo Lega- Cinque Stelle, i cui gruppi consiliari oggi hanno “scelto di disertare i lavori del Consiglio comunale consapevoli del fatto di non avere gli elementi per difendere le scelte xenofobe e razziste del governo nazionale”.
LA PRECISAZIONE
Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione dell’avvocato Giulio Geraci, capo dell’Avvocatura del comune di Palermo. “Con riferimento alle dichiarazioni riferite al capogruppo di Sinistra Comune Giusta Catania, lo scrivente deve smentire che in detta sede l’Avvocatura Comunale abbia espresso alcun parere legale o semplice valutazione sulla portata applicativa del predetto decreto e, in particoloare, sulla tesi – sostenuta nel dibattito tra i Consiglieri – che il predetto decreto sia ‘intervenuto esclusivamente sulla limitazione della procedura semplificata non precludendo il diritto soggettivo alla residenza, …’ dei soggetti titolari di permesso di soggiorno“.
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11 Gennaio 2019, 15:40