26 Gennaio 2023, 05:45
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PALERMO – Pietro Badagliacca, mafioso settantottenne di Mezzomonreale, periferia sud di Palermo, si era inginocchiato al cospetto del nipote Gioacchino pur di ricucire il loro rapporto. Un gesto di sottomissione di cui non si poteva non tenere conto.
Pasquale Saitta, considerato un mafioso riservato e finora incensurato, lo sottolineò il giorno in cui fu chiamato, assieme al fratello Michele, come arbitro della contesa zio-nipote dovuta a questioni economiche.
Nella casa di campagna dei Saitta, a Butera, nel Nisseno, si tenne la riunione del tribunale di Cosa Nostra. Sono drammatici i toni registrati dalla microspia piazzata lo scorso settembre dai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo. Le intercettazioni fanno parte dell’ordinanza di custodia cautelare che due giorni fa ha raggiunto sette persone.
“… noialtri siamo qua tutti e due i fratelli, perché vi vogliamo bene… perché lui ci ha interpellati e noialtri non ci possiamo esimere da questa situazione…”, diceva Pasquale Saitta. Secondo il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Federica La Chioma e Dario Scaletta, gli uomini riservati della mafia, e ce ne sono tanti in circolazione, sono dei consigliori a cui ci si rivolge per le faccende più delicate.
L’invito di Saitta a Gioacchino Badagliacca era di smussare i toni: “… tu devi sentire quello che ti dice Pasquale Saitta… quando ti dice: buttiamo tutte cose a mare… ti chiedo scusa in ginocchio… ti chiedo perdono in ginocchio… se lui da quello che è come figura e ad ottant’anni per giunta… si sottomette a te a chiederti scusa… hai capito? Cioè… se lui ti dice ‘vieni qua nipote, abbracciamoci, chiudiamola… ti bacio le mani, mi metto in ginocchio’ … cioè, tu devi stare zitto… ti devi solo abbracciare a tuo zio, che si è reso conto… nel dritto e nel torto.. a chiedere scusa e perdono… te lo dovevi abbracciare e basta”.
Rischiava davvero di scoppiare l’inferno a Mezzomonreale. Così diceva l’anziano Badagliacca: “… perché c’è il sangue di mezzo… io sono u frati (ndr. il fratello) di suo padre e lui perché è il figlio di mio fratello… perché se fossimo estranei… le cose fossero diverse… al posto suo… ci fosse un altro mi avrebbe ammazzato… al posto mio… ci fosse un altro l’avrebbe ammazzato”.
Il dialogo è pieno di omissis a coprire altre identità. Gioacchino Badagliacca non voleva sentire ragioni. Era pronto a uscire da Cosa Nostra: “… io sono l’ultima ruota della carrozza. Io a questo punto forse è meglio lo io faccio un passo indietro, faccio un passo indietro e forse è la cosa migliore… me ne vado a lavorare certo a lavorare ci devo andare perché devo campare… certo io dico una cosa, io rischio che da minuto all’altro vado a finire in galera… perché io ho le mani innagghiate (ndr in pasta), io con la mia faccia e con il mio fisico ho le mani innagghiate… vado a finire in galera io dico, è una parola in più che sto dicendo, la mia famiglia non ha nessuno ed io in galera, certo dignitosamente la galera, se mi arrestano me la devo potere fare, no di fare sfarzi… ma di essere campato fino a quando esco poi non voglio più niente non ho avuto mai niente non ho avuto mai niente però penso che forse la cosa migliore è questa e vi ribadisco di nuovo scusa però io devo lavorare”.
Parole che provocarono le parole stizzite di Michele Saitta: “… ed allora siete zio e nipote, avete lo stesso sangue, avete lo stesso Dna,.. siete famiglia, siete sangue e queste chiacchiere le dobbiamo togliere dal mezzo… dovete seppellire tutte cose senza pensarci più”.
Nessuno gradì quelle parole. Né lo zio, né il figlio Angelo, né i fratelli e imprenditori Pasquale Michele Saitta. Da Cosa Nostra non si esce: “… io faccio finta di non averlo capito”. Alla fine zio e nipote si abbracciarono. La “dignità” della famiglia, si sangue e mafiosa fu salva.
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26 Gennaio 2023, 05:45