21 Luglio 2022, 07:10
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PALERMO – Sono tristemente denominate “schiave del pulito”. La squadra mobile di Palermo smaschera un giro di caporalato. Ragazze nigeriane sarebbero state reclutate nei centri di accoglienza e costrette a spaccarsi la schiena per una miseria. Facevano le pulizie negli hotel.
Sono cinque le persone raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Palermo su richiesta della Procura della Repubblica. Agli indagati, tutti ai domiciliari, vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e allo sfruttamento lavorativo, truffa ed estorsione, con l’aggravante di aver commesso il fatto ai danni dello Stato e con l’abuso di relazioni di prestazioni d’opera.
Gli indagati sono Francesco Centineo 42 anni, Luca Cardella, 31 anni, Johnson Adeteye, 42 anni, Monica Torregrossa, 45 anni, Lamia Tebourbi, 51 anni.
L’inchiesta ruota attorno alla struttura consortile denominata “Consorzio stabile Diadema” a cui fanno capo diverse imprese di pulizia, tra cui la “Eco Group” e la “Ecoworld”. Le lavoratrici immigrate prestavano servizio in alcune strutture ricettive a Palermo e Castelvetrano.
Lavoravano fino a 12 ore consecutive con retribuzione di 400 euro al mese. E c’era pure chi non veniva pagata. Per dare una parvenza di legalità alcune donne stipulavano dei contratti fittizi. Molte lavoravano in nero. Senza diritti, senza contributi versati all’Inps.
Fantasmi nelle mani degli sfruttatori, ostaggio dei caporali che minacciavano di cacciarle dalle strutture di accoglienza e di farle perdere lo status di rifugiato. Erano ospitate nei centri “La mano di Francesco” di Roccamena, “Donne nuove” di Palermo e “Opera pia Riccobono” di San Giuseppe Nato.
Ai domiciliari finiscono i rappresentanti delle società consorziate e due responsabili di centri di accoglienza di Palermo. Per un anno non potranno ricoprire incarichi direttivi in azienda. I poliziotti guidati dal capo della Mobile, Marco Basile, hanno perquisito gli uffici del “Consorzio Diadema”.
La voce che il consorzio riuscisse ad applicare prezzi stracciati si era sparsa fra Palermo e Trapani. Sono più di trenta, fra alberghi, B&B e ristoranti, le strutture in cui lavoravano le ragazze nigeriane. C’è la corsa al ribasso. Nessuno si chiede cosa ci sia dietro offerte di servizi a prezzi sempre più vantaggiose. In questo caso c’era il sacrificio di giovani migranti disposte a tutto pur di non essere rimpatriate. Ripulivano finì a 100 camere al giorno.
Super lavoro e neppure una doccia o un letto. Restavano per settimane su una sedia.
Un giorno Esther Mammano, componente della commissione ministeriale che riconosce lo status di rifugiati ai migranti, nelle sue abituali interviste ha fatto emergere la triste realtà. Ha raccolto le confidenze delle ragazze e ha fatto partire una denuncia.
“L’Ipab Opera Pia Riccobono di San Giuseppe Jato – si legge in una nota inviata per fare chiarezza – è totalmente estranea ai fatti ed in nessun modo risulta coinvolta nell’inchiesta non avendo mai gestito centri di accoglienza, né tantomeno con ospiti donne”.
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21 Luglio 2022, 07:10