PALERMO – Una “canna di fumo” costa venti euro, oppure si può scambiare con tre pacchi di sigarette. Un grammo di cocaina si compra fra 100 e 150 euro. In condizioni estreme il prezzo schizza a 600 euro. Fuori dal carcere ce ne vogliono 60. Un microcellulare costa 500 euro. Tra gli stessi detenuti circola la voce che qualcuno “ha guadagnato 15 mila euro dai telefonini”.
Al mercato del carcere Pagliarelli i prezzi sono fuori controllo. Li impongono i detenuti più forti che si sarebbero riuniti in una banda. Antonio Nigito, Alex Di Vita, Giuseppe Volpe e Vincenzo Cannariato (i primi due catanesi, gli altri palermitani) sarebbero i capi. Gente che ha già reati sulle spalle.
Non sarebbero solo loro a dettare legge. Altre persone godono del rispetto di tutti pur rimanendo fuori dall’organizzazione. E se qualcuno glielo nega, il rispetto, subisce violenti pestaggi.
Il gioco sporco
Gli agenti della polizia penitenziaria starebbero al gioco sporco. Andrea Corrao e Paolo Francesco Cardinale, che sono finiti ai domiciliari, lo avrebbero fatto per soldi. Nelle intercettazioni in alcune occasioni si fa riferimento alla cifra di mille euro, ma altre volte la somma è rimasta imprecisata.
In cambio gli agenti prestano i loro uffici per organizzare incontri fra detenuti oppure si girano dall’altra parte quando avviene la compravendita di droga. Nella peggiore delle ipotesi loro stessi ritirerebbero fuori dal carcere le dosi poi vendute nel penitenziario. Sono stati pedinati mentre si scambiavano dei pacchi sospetti in luoghi e in orari concordati.
Oppure sono i parenti che si presentano con la droga nei giorni dei colloqui. Padri, madri, mogli e figli chiedono di andare in bagno e lasciano le dosi di crack, cocaina e hashish che poi arrivano a destinazione in cella.
La legge del più forte
Vale la legge del più forte in carcere. Lo racconta chi ha subito i pestaggi. Almeno quattro quelli ricostruiti dai carabinieri, di cui tre ai danni di detenuti stranieri. Cannariato racconta che “a quelli li ho ammazzati qua nella doccia”. Una volta fu Cardinale a chiedere a un detenuto “ma a nessuno hai per ammazzarlo a bastonate a questo tunisino, cosa inutile”. Lanza si vantava di avere “ammazzato a bastonate un altro detenuto”, preso a “colpi di caffettiera.
Spesso agiscono un gruppo. Alcuni picchiano e altri stanno a guardare. La Procura contesta il reato di aggressione a due volti noti. Uno è Salvatore Di Giovanni, il figlio del boss di Porta Nuova, Tommaso, arrestato l’anno scorso per l’aggressione ai danni di due vigili urbani, alla Vucciria. Nel 2011 aveva tentato di uccidere a colpi di casco due cingalesi per uno sguardo di troppo rivolto alla sua ragazza.
L’altro è Salvatore Paolo Cintura, soprannominato Buddah. Lo scorso febbraio è stato condannato per droga a 19 anni. Viene considerato il dominus di tre piazze di spaccio a Borgo Nuovo, Cep e Cruillas. Cintura poteva contare sull’amicizia dei fratelli Danilo e Massimiliano Jari Ingarao figli del boss Nicola, assassinato nel 2007 su ordine dei Lo Piccolo, che prima di essere arrestati e condannati facevano la voce grossa a Borgo Vecchio. La vicinanza agli ambienti mafiosi di Porta Nuova ha un peso in carcere.