Palermo, ricorso di un gruppo di avvocati contro il green pass - Live Sicilia

Palermo, avvocati contro il green pass: ‘Violenza morale’

Un gruppo di legali fa ricorso al Tar: no al certificato verde per entrare in Tribunale

PALERMO – Un gruppo di avvocati palermitani contro l’obbligo del green pass per accedere al Palazzo di giustizia. Sia il green pass base, sia quello rafforzato (ciclo vaccinale completato o guarigione da Covid) per chi ha superato i 50 anni di età.

Chi sono gli avvocati che firmano il ricorso

I legali Vincenzo Sparti, Rosario Loria, Sergio Lapis, Michele Agueci, Salvatore Ceraulo e Giuseppe Alberti si sono rivolti al Tribunale amministrativo regionale affinché annulli le circolari della Procura generale che regolamentano gli ingressi in Tribunale dove sono stati piazzati gli scanner per controllare le certificazioni, sotto il vigile controllo dei carabinieri.

Una presa di posizione netta, destinata a fare discutere, che dà voce ad una linea di pensiero in controtendenza e che affronta la questione in punto di diritto.

“Annullate le due circolari”

I legali ritengono che due circolari datate 11 gennaio e 15 febbraio 2022 violino la Costituzione e ne chiedono l’annullamento. Innanzitutto perché il green pass rafforzato passa dalla somministrazione di un vaccino nuovo come nuovo è il virus che si affronta: “Le questioni collegate all’obbligo vaccinale non possano ricavarsi, in via analogica, dalla posizione assunta dalla Corte su sicuri, tradizionali, collaudati e ben noti metodi di vaccinazione”.

Cosa dice la Corte Costituzionale

Nel ricorso si sottolinea che la Corte Costituzionale, dichiarando in passato legittimi tout court gli obblighi vaccinali, “ha sempre aggiunto la necessità che tali vaccini avessero soltanto delle tollerabili conseguenze, vale a dire delle conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità appaiono normali di ogni intervento sanitario”. Ed invece al ricorso al Tar gli avvocati allegano alcune statistiche sugli “effetti nefasti” delle vaccinazioni contro il Coronavirus.

“La sperimentazione non è completata”

“Con riferimento ai vaccini anticovid attualmente in uso in Italia, malgrado siano stati utilizzati dei procedimenti speciali capaci di accelerare notevolmente l’utilizzo emergenziale degli stessi, tuttavia – si legge nel ricorso – è altrettanto indubbio che ad oggi le agenzie della farmacovigilanza non hanno considerato completate tutte le fasi di sperimentazione, ed, in particolare, non risulta ancora
completata la fase del follow up dei partecipanti, vale a dire la fase di monitoraggio di tutte
le persone che si sono sottoposte al trattamento”.

C’è un punto che, secondo i ricorrenti, va tenuto fermo e riguarda “la regolarità e la pienezza del consenso richiesto alle persone” che intendono sottoporsi al trattamento sanitario.

Paradossi insuperabili

“Il paradosso è che, malgrado l’obbligo di legge, all’atto della vaccinazione – si legge ancora – continuano a pretendere in maniera altamente contraddittoria la sottoscrizione del consenso informato, il che sembra
più rispondere all’esigenza di salvaguardare l’operato dei medici, che non a vere finalità
informative sul trattamento praticato”.

Ed ecco il paradosso di “una presunta tutela della salute pubblica” che si spinge fino al punto di comprimere il diritto degli avvocati all’esercizio del consenso libero e informato rispetto ad un trattamento sperimentale e, comunque, non ancora regolarmente e definitivamente approvato, diritto loro spettante in quanto esseri umani, per effetto dell’art. 117 costituzione”.

“Una vera e propria costrizione”

Le norme di legge che “stanno sancendo l’obbligo vaccinale in capo ad alcune categorie professionali, tra cui gli avvocati ultracinquantenni” viene dunque interpretata come “una vera e propria costrizione”.

I legali parlano di “violenza morale” poiché a chi non accetta di vaccinarsi “viene impedito l’accesso ai luoghi di lavoro, con consequenziale impossibilità di svolgere la propria attività lavorativa senza ricevere più alcuna retribuzione lavorativa”.

Di fatto si finirebbe per scegliere di vaccinarsi perché altrimenti non si può andare a lavorare piuttosto che per una libera volontà, dopo una ponderata valutazione del rapporto tra rischi e benefici.

“L’obbligo vaccinale viola l’uguaglianza ed il lavoro, ideali propri della sinistra storica, viola la libertà, ideale propugnato dalla destra storica, e viola, in ultimo, la pietra angolare del cristianesimo nella sua rilevanza costituzionale, vale a dire la dignità stessa della persona umana”.

Nel ricorso si critica anche un altro aspetto della circolare che riguarda gli ultracinquantenni con la quale la Procura generale “sembra essersi spinta al di là della legge”, equiparando i palazzi di giustizia ai luoghi di lavoro “intendendosi per luoghi di lavoro dei dipendenti (siano essi pubblici o privati) i locali ove essi svolgono la propria prestazione di lavoro, non già gli uffici pubblici ove si esercita la giustizia”.


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