Palermo, i bengalesi si ribellarono al pizzo: condanne definitive

Palermo, i bengalesi si ribellarono al pizzo: condanne definitive

Così ha deciso la Cassazione. Resta da valutare l'aggravante dell'odio razziale

PALERMO – Fu una bruttissima storia di estorsioni con modalità mafiosa e una bellissima pagina di ribellione collettiva. Una ribellione a cui raramente si assiste nella Palermo che si piega al racket.

La Cassazione si è pronunciata sul pizzo e i soprusi subiti dai commercianti del Bangledesh. Una condanna diventa definitiva, mentre per altri sei imputati sarà celebrato un nuovo processo di appello, ma solo per verificare la sussistenza dell’aggravante dell’odio razziale. Le estorsioni sono ormai processualmente cristallizzate. Non si torna indietro.

Alfredo Caruso dovrà scontare 5 anni e mezzo di carcere. Tornano in appello Emanuele Campo, condannato a 5 anni e mezzo (per lui va valutata l’intera vicenda), Giuseppe Rubino (aveva avuto 9 anni 5 mesi e 15 giorni), Emanuele Rubino (9 anni e mezzo), Santo Rubino (8 anni e 5 mesi), Carlo Fortuna (3 anni e 8 mesi) e Giovanni Castronovo (6 anni e 10 mesi).

Era il 2016 quando undici piccoli commercianti dissero “basta” alle angherie che subivano nelle loro botteghe di via Maqueda. Il loro racconto fu l’ossatura del blitz degli agenti della squadra mobile.

Le indagini, coordinate dai pm Ennio Petrigni e Sergio Demontis, partirono da un tentato omicidio, ripreso dalle telecamere. Un giovane studente, Yusupha Susso, gambiano prese le difese dei commercianti. Gli spararono un colpo di pistola alla testa. Si salvò per miracolo.

“Questi me li dai per i carcerati e se fai denuncia ti ammazzo”, dicevano ai commercianti per strappargli via i soldi degli incassi. Il clan Rubino dettava legge nella zona del centro storico fino a quando non arrivarono le denunce dei commercianti accompagnati sin dalla prima fase delle indagini da Addiopizzo parte civile al processo con l’assistenza degli avvocati Salvatore Caradonna, Maurizio Gemelli e Serena Romano. Si erano costituiti anche il Centro Studi Pio La Torre e Sos Impresa, rappresentati dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro.

“Con la sentenza si chiude una storia senza precedenti: un percorso di ribellione che a Palermo ha visto protagonisti un gruppo di undici commercianti del Bangladesh. Quando ancora nessuno di loro aveva denunciato, al riparo da occhi indiscreti e in clandestinità io e l’avvocato Caradaonna – spiega Daniele Marannano di Addiopizzo – ci ritroviamo in uno scantinato tra via Maqueda e Ballarò. I loro volti erano impauriti, il senso delle loro parole, anche se in un italiano stentato, era chiarissimo e lasciava intendere il clima di tensione che erano costretti a vivere su via Maqueda. Ci siamo osservati, Conosciuti e, come si dice in gergo, misurati. Abbiamo condiviso paure e preoccupazioni, si è instaurato un rapporto di fiducia, coltivato nell’ombra”.


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