Palermo, soldi spariti nelle aziende: commercialista condannato

Soldi spariti, aziende sequestrate: commercialista condannato

È una delle vicende contestate all'amministratore giudiziario

PALERMO – Il commercialista ed amministratore giudiziario Maurizi Lipani è stato condannato a un anno e 8 mesi di carcere per peculato. Prescritte, invece, la contestazione antecedenti al 2010.

Il processo riguardava la mala gestio del negozio “Mondo Wind” di viale Lazio, a Palermo, uno dei più noti della città. Sequestrato nel 2007, dissequestrato nel 2017 e restituito al titolare.

Non resse l’accusa che il proprietario, Alessandro Autovino, fosse stato un prestanome di Giuseppe Gelsomino, legato al boss di Torretta, Antonino Di Maggio.

Cosa scrissero i giudici

Nel 2012 il legale di Autovino, l’avvocato Antonio Turrisi, ottenne il dissequestro. I giudici delle Misure di prevenzione avevano respinto la richiesta di confisca con parole trancianti: “A fronte dei generici elementi risultanti dalle intercettazioni, non sono stati addotti ulteriori indizi a supporto della costruzione accusatoria – si leggeva nella motivazione -, secondo cui la ditta in questione sarebbe nella disponibilità di Giuseppe Gelsomino, sicché mancando il benché minimo riferimento (tecnico contabile, testimoniale o documentale), da cui dedurre sia l’ingerenza del proposto nella amministrazione della attività, sia l’eventuale immissione di capitali di natura illecita nella ditta in questione, non può che rigettarsi la proposta di confisca”.

Gli ammanchi contestati a Lipani si aggiravano sui centomila euro.

Parte civile risarcita

Lipani dovrà sborsare in favore di Autovino, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Turrisi, una provvisionale immediatamente esecutiva di 9 mila euro. Il tribunale presieduto da Fabrizio Lo Forte ha disposto la confisca di una cifra di pari valore. Il risarcimento complessivo sarà stabilito dal giudice civile che dovrà tenere conto dei danni, morali e materiali, subiti da Autovino che ha perso le sue aziende.

I guai giudiziari di Lipani non sono finiti. Egli stesso ha confessato di preso e speso per fini privati i soldi di altre amministrazioni giudiziarie. Il fascicolo è zeppo di conversazioni intercettate. Lo scorso marzo la Dia gli ha sequestrato beni per 600 mila euro.


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