24 Agosto 2023, 11:16
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PALERMO – I video dello stupro di Palermo sono stati condivisi. Dunque sono in circolazione. Sono gli stessi indagati a dirlo e gli esperti hanno trovato la conferma tecnica della “avvenuta circolazione di video, immagini e audio sull’applicativo di messaggistica WhatsApp”. Bisogna recuperarli. Serve per le indagini e per bloccare il rischio che qualcuno li diffonda. I segnali che arrivano dalla rete sono pessimi. Sono stati addirittura attivati due canali Telegram con migliaia di iscritti per scovare le immagini. E poi c’è una frase che apre scenari tutti da scandagliare. I video sono addirittura finiti sul mercato?
I video (ci sarebbero anche delle foto) sono brevi ma espliciti. Sono stati recuperati nel cellulare di uno degli arrestati, Angelo Flores. È stato lui a filmare la scena al Foro Italico. La violenza di gruppo è avvenuta nel tratto della passeggiata a mare interessata dal cantiere del collettore fognario. È un punto non ancora restituito alla cittadinanza. I lavori sono fermi. Il Comune ha chiesto alla Regione un nuovo finanziamento. Servono circa quattro milioni e mezzo per completare l’opera piazzando la vasca di sollevamento per depurare le acque della Cala. Nel frattempo l’impresa si è impegnata a illuminare la zona in superficie dove i lavori sono stati ultimati e a ripristinare la recinzione di lamiere facilmente superata la notte dello scorso 7 luglio dai sette ragazzi assieme alla diciannovenne.
Qui sono stati girati con il cellulare i video che, ne sono certi gli esperti, sono stati poi condivisi via Whatsapp con altre persone. Lo diceva lo stesso Flores: “Li sto mandando a chi li devo mandare e li elimino perché non ne voglio sapere più niente di questa storia”. Chi è la persona a cui i video “dovevano” essere mandati e perché? Era qualcuno che ne ha visto una occasione di guadagno? Gli investigatori sono al lavoro anche su questo fronte.
Samuele La Grassa ed Elio Arnao, altri due dei sette arrestati, facevano riferimento a qualcosa che bisognava “cominciare a nascondere”. In particolare, un telefonino tenuto “in un magazzino, in un punto sottoterra”. Che parlassero di un cellulare emerge dalle parole intercettate all’interno della caserma dei carabinieri: “Manco il carica batteria avevo lì dov’era”.
Esistono anche altri video dell’incontro che ha preceduto la violenza. Nella denuncia la vittima ha spiegato che c’era qualcuno “che filmava” mentre bevevano alla Vucciria, prima di spostarsi al Foro Italico. Bisogna trovare i video: perché sono utili alle indagini e perché va tutelata la vittima.
Il garante della privacy ieri ha ricordato che chi divulga informazioni di qualsiasi tipo che possano far risalire alla sua identità o le condivide rischia da tre ai sei mesi di carcere. L’Autorità con due provvedimenti d’urgenza ha rivolto un avvertimento a Telegram e a chi usa la piattaforma.
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24 Agosto 2023, 11:16